Jonah Sachs Il 2016 sarà per la sostenibilità un anno di distrazioni, paure e interferenze. Nel mondo, diverse minacce economiche e politiche – come l’emergenza profughi, il terrorismo e la fragilità dei mercati in Europa e in Cina – continueranno ad occupare le prime pagine dei giornali. Negli Usa, le elezioni presidenziali porteranno in primo piano le battaglie sulla sicurezza nazionale, sulle armi e sull’immigrazione. In questo scenario rumoroso, è probabile che il tema della distruzione ambientale a lungo termine finirà ai margini della coscienza globale. Quando ci si sente minacciati e insicuri, si tende a pensare per il breve termine e a dare meno importanza al comportamento pro-sociale. Per i consumatori, ciò significa che la responsabilità sociale d’impresa (CSR) non determinerà più le scelte di acquisto come ha fatto negli anni passati. Questo è una brutta notizia per le imprese, i cui esperti di marketing enfatizzano la sostenibilità. Usciamo da un periodo d’oro per la CSR. Nel corso dell’ultimo decennio, è aumentata la sensibilità dei consumatori riguardo le minacce ambientali. Ne è conseguito un grande spostamento nei consumi e nella direzione degli investimenti. Ne hanno beneficiato le imprese sostenibili – e anche quelle che hanno semplicemente detto di essere sostenibili – e migliaia di nuovi operatori hanno fatto il loro ingresso sul mercato. Il nuovo scenario, più cinico, metterà alla prova la solidità dell’impegno per la sostenibilità. Se lavorate in una divisione CSR, se siete responsabili di un’impresa guidata da uno scopo, se cercate di migliorare la sostenibilità delle vostre attività, è venuto il momento di chiedervi quanto è profondo l’orientamento per la sostenibilità nella vostra azienda. Se la risposta è “non molto”, sarà il caso di rafforzarlo oppure di cercare un posto altrove. Le aziende il cui impegno per la sostenibilità è debole o nascente potrebbero sospenderlo o terminarlo del tutto. Il 2015 non è stato un buon anno per la sostenibilità. Il clamoroso scandalo “Dieselgate” a VW ha scosso profondamente la fiducia del pubblico. L’impegno di VW per la sostenibilità non solo era ampiamente pubblicizzato, ma era stato anche controllato rigorosamente e confermato da enti federali. Se non possiamo fidarci di dichiarazioni di questo tipo – diranno i consumatori e gli investitori – di quale impegno aziendale per la sostenibilità possiamo fidarci? E se manca la fiducia, perché premiare i comportamenti sostenibili? Persino il punto più luminoso del 2015, gli accordi COP21 firmati a Parigi, potrebbe far diminuire l’attenzione dei consumatori sulla sostenibilità aziendale. Nel tentativo di generare speranza e impegno, i governi, i media e le Ong hanno definito gli accordi una grande vittoria contro il cambiamento climatico. Mentre è possibile che Parigi farà aumentare il sostegno pubblico per la riduzione del CO2 e la responsabilità personale, a volte sviluppi di questo tipo possono avere impreviste conseguenze negative. Quando si sentono vaghi pronunciamenti sui progressi compiuti, spesso i consumatori riducono la propria attenzione sul tema, pensando che tutto andrà bene comunque. Questo fenomeno si è visto con il riciclaggio dei rifiuti. I ricercatori hanno dimostrato che la presenza di contenitori per la raccolta differenziata tende a favorire un aumento degli sprechi. Convinta che i rifiuti verranno riciclati, la gente pensa che il problema sia stato risolto e l’attenzione diminuisce. Con il calo di un feedback positivo direttamente dal mercato, sarà molto più difficile giustificare gli impegni aziendali per la sostenibilità nel breve termine, soprattutto se – come molti credono – l’economia globale rallenterà. Il carrozzone della sostenibilità che si è creato in questi ultimi dieci anni comincerà a smantellarsi. Naturalmente, i vantaggi fondamentali delle attività sostenibili rimarranno. Le imprese veramente impegnate continueranno a raccogliere i benefici del consumo ridotto delle risorse, di un maggiore engagement e di una migliore salute tra i dipendenti, della spinta verso l’eccellenza operativa e di una minore esposizione al rischio man mano che le emissioni di CO2 diventano più care. Con il ritiro delle aziende il cui impegno per la sostenibilità era solo a parole, lo spazio sarà meno affollato e più genuino. Rimarranno solo i leader e gli innovatori. E’ vero che stare più soli non crea una sensazione di sicurezza, ma la battaglia per salvare il futuro non è mai stata una questione di giocare sul sicuro. Può darsi che il 2016 sarà dominato da Donald Trump, da Isis e dai commentatori pessimistici. Ma il futuro del business è sempre la prerogativa di chi guarda e costruisce per il lungo termine. Le imprese migliori resisteranno e usciranno rafforzate. Fonte: http://www.theguardian.com/sustainable-business/2015/dec/23/2016-predictions-csr-cop21-donald-trump-isis-vw-dieselgate-climate-change]]>
2016: che ne sarà della sostenibilità se i consumatori smetteranno di preoccuparsi?
