webinar di presentazione del “2016 CSR RepTrak® 100”, lo studio internazionale che offre la classifica delle aziende con la migliore reputazione in termini di Corporate Social Responsibility, realizzato ogni anno da Reputation Institute (RI), fra le più autorevoli società di ricerca e consulenza nell’ambito della reputazione di impresa. Al di là dell’interesse che ha suscitato il ranking di quest’anno – senza troppe sorprese, a onor del vero – una parte dello studio ha evidenziato l’importanza dell’impatto sulla reputazione delle strategie e delle azioni di comunicazione della CSR, risultate sempre più… indispensabili. Esse ormai sono in grado di accelerare la reputazione a una velocità esponenziale. Premessa chiave è la differenza tra CSR e Corporate Reputation, distinte seppur connesse: la CSR è interna all’azienda, risiede nell’ambito della realtà dei fatti, dei risultati, delle iniziative concrete, mentre la Reputazione Aziendale appartiene al mondo della percezione da parte degli stakeholder – interni ed esterni – e di come essi colgono una serie di elementi legati all’azienda. Questi elementi sono i 7 pilastri della reputazione, in parte nella sfera emozionale, in parte in quella razionale, e costituiscono la base del RepTrak® System Model, il metodo di misurazione della reputazione aziendale brevettato da RI. Quando gli studiosi vanno a stilare la classifica focalizzata sulla CSR utilizzano solo 3 dei 7 pilastri: Citizen: impegno verso buone cause, influenza positiva sulla società, sostenibilità ambientale Governance: apertura e trasparenza, comportamento etico, modalità corrette di business Workplace: giuste ricompense agli impiegati, pari opportunità, benessere dei dipendenti. In termini numerici la CSR risulta così influenzare fortemente la reputazione: basti pensare che nel modello di misurazione brevettato da RI il CSR INDEX pesa per il 41{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} sul RepTrak® System Model. È altresì ormai ampiamente dimostrato come la reputazione impatti sul business delle aziende (si pensi al caso Volkswagen). Ecco quindi nascere per sillogismo il concetto di REPUTATION ECONOMY, in cui le politiche di CSR assumono un ruolo di rilievo sui risultati finanziari e di business delle imprese. L’analisi dei dati della ricerca assume ancora maggiore concretezza quando mette a confronto casi di aziende molto note per aver sviluppato strategie di CSR all’avanguardia: in particolare BMW, ben posizionata al 4° posto, versus Unilever, sorprendentemente in basso, al posto n.88! È qui che emergono i concetti chiave di actual csr e perceived csr: RI ha registrato da parte degli intervistati una carenza di informazioni su Unilever, la multinazionale presieduta da Paul Polman, in prima persona tra i più attivi e visionari manager mondiali promotori di politiche di CSR. Una “ignoranza” che fa scendere in classifica la multinazionale, nonostante l’innovativa cultura della CSR che permea a 360° l’azienda (Unilever Sustainable Living Plan). Emerge chiaramente il nocciolo della questione, dal punto di vista della comunicazione: esiste un notevole gap tra i piani di CSR delle aziende e la loro adeguata comunicazione agli stakeholder, perché troppo spesso le imprese “agiscono bene senza condividere altrettanto bene”, creando un solco tra realtà e percezione. “CSR must be perceived by stakeholders to generate reputation” – ha chiosato Fernando Prado, Managing Partner di Reputation Institute – “Do communicate as widely as you can, but always: Be true, Be transparent, Be proportional”. Scarica la presentazione dello studio]]>