Michele Hanson Sono appena uscita vinta da una battaglia con il nuovo dispensatore di sapone liquido in cucina. Non riuscivo a far funzionare la pompa: l’ho premuta, girata, rotta, e poi, senza preavviso, il sapone è schizzato dappertutto. Poi ho dovuto lottare con il cellofan che avvolgeva la scatola di cartone delle bustine di thè. Non riuscivo a toglierlo, né a romperlo con le unghie o le forbici, quindi ho pugnalato tutta la scatola con un coltello a punta e l’ho aperta a strappi. E’ solo colpa mia: avrei dovuto comprare una saponetta, avvolta in carta, e del thè sciolto, confezionato in un solo imballo di cartone, anziché qualche foglio avvolto in sacchetti di carta, avvolti a loro volta in cartone avvolto in cellofan. Non l’ho fatto perché sono pigra, come tanti consumatori oggigiorno. Ma questi imballi relativamente moderni mi infastidiscono e mi preoccupano, forse perché sono grande abbastanza per ricordare un tempo quando non c’erano. La plastica non si disperde mai Mi mancano le vecchie bottiglie di latte (in vetro, fatto di sabbia, e facilmente riciclabile), i sacchetti di carta marrone per la frutta e la verdura. Usavamo quei sacchetti per assorbire il grasso in eccesso del pesce e delle patatine fritte, e usavamo il thè sciolto con la teiera, invece dei sacchetti di thè. Non si tratta di inutile nostalgia. Tutto ciò dimostra che è possibile vivere senza un eccesso di imballaggi, come invece suggeriscono certi siti e-commerce con packaging stile matrioska russa, e senza tanta plastica. Oggi, la plastica c’è dappertutto. Che assurdità quattro mele o pere poggiate su una base fatta di polistirolo, in un contenitore di plastica dura avvolto in polietilene. Possiamo almeno comprare la frutta e la verdura sciolta, ma quasi nessuno più prepara le patatine fritte. Si trovano, pronte per il forno, in sacchetti di plastica. Non c’è da sorprendersi se sono poche le persone che riflettono sul tema imballaggi/riciclaggio: la prospettiva è terrificante. In un viaggio dal Cairo a Cape Town, Melinda Watson, fondatrice di Raw Foundation, si è fermata ogni 100km per fotografare le quantità allarmanti di plastica buttata in un metro quadro sui due lati della strada, per la maggiore parte bottiglie di bibite, sacchetti di plastica e contenitori in polistirolo per alimenti. “La plastica non si può mai riciclare del tutto. Dopo due o tre ricicli, la qualità deteriora. E ben il 72{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} degli imballaggi in plastica non si recupera affatto: il 40{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} viene inviato alle discariche e il 32{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} viene buttato nella raccolta non differenziata”, dice Watson. Negli oceani, la plastica si scompone in molecole, che si comportano come spugne, assorbendo altre tossine – coloranti, additivi, plastificanti – che entrano nella catena alimentare e ci avvelenano. E’ semplice: se aggiungi le tossine, da qualche parte devono uscire. Tutta la plastica prodotta è ancora qui con noi, in una forma o nell’altra. Cattivo design, riciclaggio inadeguato I peggiori esempi sono gli oggetti in plastica usa e getta e gli imballi di plastica: le tazze del caffè (10.000 buttate via ogni due minuti, solo nel Regno Unito), le cannucce (gli americani ne usano 500 milioni ogni giorno), i vasi dello yogurt, i rasoi in plastica, le micro perline e i cartocci Tetra Pak (questi sono composti di diversi sostanze difficilmente separabili: cartoncino, alluminio, rivestimento in plastica) e le cialde di caffè. Qualsiasi cosa a cui possiamo pensare, è molto probabile che non riusciamo a riciclarla. John Sylvan, l’inventore della cialda K-Cup da una tazza, la cialda più venduta in America, dice oggi che “qualche volta mi dispiace di averla realizzata”. Ma ormai è troppo tardi. C’è e dobbiamo trovare il modo per gestirla – per eliminare il trilione di cialde, vasi, contenitori, involucri, scatole per la pizza, tubi di dentifricio e qualsiasi altra cosa sporca di resti di cibo, prima che la spazzatura ci faccia fuori, assieme a tutti gli organismi dei mari. Parlando di cialde di caffè, quelle di Nespresso si compongono per il 99{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} di alluminio e sono completamente riciclabili, e si possono buttare nei punti di raccolta presenti nei 6000 punti vendita nel Regno Unito. Ma quante persone lo fanno? Nestlé, proprietario del brand Nespresso, si rifiuta di dire in quale proporzione le cialde vengono riciclate. Idee interessanti Ci sono anche altri esempi positivi. Nel settore dei latticini, la Müller ha fatto marcia indietro con il piano di vendere il latte esclusivamente in bottiglie di plastica e ora caldeggia un ritorno alle bottiglie di vetro e le consegna a domicilio. Buona fortuna! Nel Regno Unito una volta il 94{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} del latte veniva venduto in bottiglia, ora è solo più il 4{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}. Nel frattempo la Francia ha approvato una nuova legge nazionale, efficace a partire dal 2020, in base alla quale tutti i bicchieri, piatti e posate in plastica saranno compostabili e fatti di materiali da fonte biologica. In Germania si trova il supermercato a zero rifiuti Original Unverpackt e Amburgo ha addirittura vietato le cialde del caffè (spesso un mix di alluminio e plastica) dagli edifici statali. Si stanno avviando nuove imprese con un maggiore focus sul packaging sostenibile. Una birreria americana ha introdotto fasce ad anelli commestibili per le confezioni da sei lattine, mentre Gumdrop ricicla e rilavora il chewing gum, trasformandolo in galosce, custodie per cellulari, cancelleria e imballaggi. Altre aziende producono materiali da imballo da amido di mais o sorgo compostabili mentre a New York la Ecovative design ha sviluppato materiali da imballo a base di funghi. Tali iniziative, grandi e piccole, creano qualche speranza sul fatto che riusciremo ad affrontare il problema dei rifiuti da packaging. Fa bene, comunque, ricordare, a noi stessi, che i bei vecchi tempi del packaging zero non sono scomparsi. Basta scegliere le bottiglie di latte in vetro, il Marmite e il ketchup in vasi di vetro anziché in bottiglie di plastica, possiamo dire di no alle borse di plastica e fare uno sforzo maggiore per vivere riducendo lo, come si faceva una volta. Fonte: https://www.theguardian.com/sustainable-business/2016/dec/06/modern-life-rubbish-dont-need-packaging]]>