Come cambia la comunicazione e la relazione con i cittadini nelle multiutility? Lo abbiamo chiesto a Roberto Bergandi, responsabile della comunicazione di Amiat, l’Azienda Multiservizi di Igiene Ambientale di Torino.
Oggi Amiat è una società per azioni che gestisce ed eroga in modo integrato i servizi d’igiene del suolo, di raccolta e smaltimento rifiuti per un bacino di utenza di oltre 1 milione di abitanti. La gestione di impianti di trattamento e valorizzazione dei rifiuti, i servizi ambientali rivolti alla clientela business pubblica e privata, nonché le attività di project management costituiscono le altre linee di business su cui è fondata l’azienda.
Le multiutility hanno cambiato pelle diverse volte negli ultimi anni. Quali sono i cambiamenti conseguenti per la comunicazione?
Arrivando da esperienze professionali compiute in realtà aziendali e settori di business molto diversi, nei primi mesi della mia esperienza in Amiat notai non poche differenze tra la comunicazione delle public utility e quella propria di realtà aziendali più market oriented. In questi ultimi anni la differenza è diventata sempre più sottile ed il cambiamento normativo che ha interessato il settore delle P.U. è stato un acceleratore straordinario per fare emergere, anche in questo ambito, delle specificità comunicative molto interessati. Guardiamo alle azioni di comunicazione istituzionale o di servizio proposte dalle utility, pubbliche o private, in questi ultimi tre/quattro anni. Ebbene alcune di esse sono diventate esempi di scuola, delle vere e proprie case history, dalle quali anche aziende molto snelle e smart hanno tratto ispirazione.
Quanto influisce la crisi economica sugli investimenti in comunicazione per una impresa che deve per forza comunicare senza interruzioni su temi sensibili quali la raccolta rifiuti, la pulizia della città e altri servizi essenziali?
La crisi economica inevitabilmente influisce su ogni processo aziendale, di conseguenza anche sulla comunicazione dei servizi di pubblica utilità. La comunicazione, non dimentichiamolo, è una leva strategica per raggiungere gli obiettivi di business e, come ogni risorsa, anch’essa deve attingere alle disponibilità economiche dell’azienda. Quindi la crisi ha portato ad una ridefinizione di alcuni paradigmi, ha rivisto le priorità e soprattutto ha dato il via all’utilizzo di nuove forme di contatto azienda-utente sostenibili dalle attuali disponibilità di budget. E’ stato subito evidente che non si poteva e si voleva chiudere i canali di contatto con il pubblico, ma obbligatoriamente, si era obbligati dalla crisi economica ad una loro complessiva ridefinizione.
Facendo un bilancio di questi anni alla guida della comunicazione di Amiat, quali, tra le tue convinzioni iniziali, sono mutate e quali si sono consolidate? E quale messaggio o campagna ti inorgoglisce maggiormente?
Innanzi tutto in questi anni ho visto una progressiva ma evidente maturazione della sensibilità ambientale da parte del pubblico. Credevo, erroneamente, ci fosse meno disponibilità al coinvolgimento da parte dei cittadini su tematiche troppo “etiche” e di responsabilità sociale. Un aspetto particolarmente gratificante, al di là di alcune campagne che hanno anche ricevuto riconoscimenti nazionali in occasioni di eventi nell’ambito marketing-comunicazione, è stato il ritorno molto positivo registrato dalle nostre attività informative/formative dedicate al mondo dei giovani e della scuola. Ogni anno nei nostri progetti educativi, che vanno dalle attività ludico-didattiche sino a più complessi educational multimediali, coinvolgiamo migliaia di ragazzi ed insegnanti con un ritorno di interesse notevole e crescente.
Amiat è impegnata da diversi anni anche sul fronte della CSR. Che cosa significa per voi essere socialmente responsabili e quali sono le opportunità e le difficoltà per le piccole e medie imprese?
Credo che un’azienda come Amiat non possa prescindere dalla condivisione e dalla reale applicazione delle politiche di CSR. Direi che fanno parte del dna aziendale e per certi versi della nostra mission. Per le piccole imprese credo il problema sia complesso, e come ho più volte ricordato in occasioni di dibattiti a cui sono intervenuto, il rischio del green washing è alto. Meglio compiere piccoli ma concreti passi, in una logica di progressiva crescita della coscienza CSR, piuttosto che sbandierare altisonanti ma non concreti progetti aziendali che, se non realmente supportati, possono portare a conseguenze davvero negative per l’immagine e la stabilità aziendale.
Il vostro nuovo sito ha una veste rinnovata. Quanta importanza assume oggi l’online per questo tipo di attività?
Direi che l’on-line è fondamentale. Attenzione però: non esclusivo! Il nostro target è, per definizione, un target eterogeneo, dal momento che le tematiche ambientali, i comportamenti ecosostenibili e la gestione economica del rifiuto coinvolgono tutti a prescindere da età, cultura, sesso…Quindi i mezzi su cui deve viaggiare la nostra comunicazione devono essere quelli propri di ogni microtarget con cui desidero relazionarmi. Lo studente universitario, per esempio, preferisce l’app sui dispositivi mobile, l’anziano invece ci chiede ancora la tradizionale brochure con le indicazioni, possibilmente stampate in caratteri ben evidenti, sulle corrette modalità di differenziazione del rifiuto.
Dall’online all’offline: qual è lo stato dell’arte nella relazione con la città e i suoi utenti circa i servizi principali erogati da Amiat?
Come dicevo il dialogo città-Amiat passa da numerosi canali con pubblico diverso, linguaggi diversi e regole diverse. Torino, seppure sia una città di quasi un milione di abitanti, è una realtà dove la comunicazione di relazione one-to-one è ancora fondamentale, ma nello stesso tempo è una città che ama sperimentare, che chiede, anche nella comunicazione di servizio, qualcosa di innovativo.
Un’ultima domanda: dal tuo osservatorio cosa vedi nel futuro della comunicazione ambientale del Paese?
Difficile fare previsioni, credo però che la pesante situazione di crisi economica degli ultimi anni abbia contribuito ad una ridefinizione dei valori propri della collettività e dell’individuo. L’ambiente ovviamente è arrivato ad occupare una delle prime posizioni in questa nuova scala di valori e di conseguenza la comunicazione ambientale è uscita da un’area, direi di nicchia, per rivolgersi a pubblici più vasti. Ora siamo chiamati a non disperdere quello che è stato conquistato giorno per giorno e soprattutto a mantenere vivo quel dialogo partecipativo che fino a questo momento è stato, a mio giudizio, l’elemento di successo della nuova comunicazione ambientale.