Da quando Coca-Cola ha lanciato la sua coraggiosa iniziativa anti-obesità, i dipendenti, sotto gli attacchi dei critici, si saranno sentiti come elefanti (o orsi bianchi) in un negozio di cristalli, ma in ultima analisi la mossa della società è stata decisiva. Coca-Cola ha guadagnato la posizione dominante non solo nel dibattito sull’obesità ma anche rispetto ai propri concorrenti. A me è sempre piaciuta la rivalità tra Pepsi e Coca-Cola. Non è questo il vero simbolo del capitalismo: le imprese che fanno di tutto per stare più avanti rispetto alla concorrenza? Che forniscono servizi e prodotti eccezionali e ora anche impegni per la sostenibilità a noi consumatori? Coca-Cola e Pepsi sono come due fratelli che cercano di essere al centro dell’attenzione, che cercano l’amore. Ma c’è qualcosa di importante da imparare dalle loro battaglie: la direzione in cui sta andando la comunicazione della sostenibilità.
Ripercorriamo velocemente gli eventi. Pepsi ha creato un putiferio al Super Bowl 2010, quando decise di non rinnovare la sua presenza pubblicitaria con Britney Spears, preferendo finanziare iniziative sociali con il Progetto Refresh. Appena un anno più tardi, verso la fine del 2011, Coca-Cola seguì l’esempio di Pepsi, con le lattine bianche a supporto degli orsi bianchi e della ricerca artica con la campagna Arctic Home.
Entrambi i casi sono esempi di marketing geniale. I consumatori non vogliono solo essere divertiti, vogliono che i brand si distinguano, che facciano la differenza per le persone e per il pianeta, e vogliono pensare di sostenere qualcosa di buono quando spendono i loro soldi. Coca-Cola non voleva che tale spazio fosse occupato solo da Pepsi. La concorrenza si è spostata dal campo tradizionale di battaglia per entrare nella dimensione della sostenibilità: quello che fai tu, lo so fare io e in modo più “verde”. Mentre Coca-Cola sta ampliando le attività a favore dell’Artico anche in altri mercati, purtroppo il Progetto Refresh di Pepsi è stato un po’ per volta abbandonato.
Ma ciò che rende ancora più interessante l’ingresso di Coca-Cola nella questione anti-obesità è l’uso della comunicazione della sostenibilità come strumento strategico: d’interesse del top management, e non un semplice fuoco di paglia commerciale tinto di verde. La campagna anti-obesità non è semplicemente rivolta ai consumatori; dice ai tantissimi stakeholder di Coca-Cola che l’azienda ha una strategia per combattere l’obesità. E’ un’abile mossa tattica, soprattutto dopo le recenti azioni delle autorità come Michael Bloomberg, il sindaco di New York, che ha imposto un divieto sulle maxi bibite zuccherate. Costituisce anche una strategia proattiva contro certi lobbisti come il Center for Science in the Public Interest che ha lanciato di recente il video The Real Bears (gli orsi veri), descritto da USA Today come “il video che Coca-Cola non vuole che tu veda”, facendolo diventare ancora più popolare e portando a oltre due milioni il numero di visualizzazione.
Una campagna di questo tipo gioca anche a favore degli investitori. Le agenzie di rating della sostenibilità stanno facendo la voce grossa tanto che l’obesità è stata indicata come uno dei due principali rischi finanziari di Coca-Cola (l’altro è l’acqua!). Da semplice vernice di marketing verde, la comunicazione della sostenibilità si sposta nelle casseforti delle banche, riflettendo l’apprezzamento degli investitori per le imprese che affrontano la maggiore sfida commerciale del 21esimo secolo: la sostenibilità. La posta in gioco è enorme. A dispetto dei critici, Coca-Cola è riuscita a sviluppare un approccio che ha convinto i suoi molti stakeholder, e a mostrare di aver formulato una strategia in grado di fare la differenza. Nei mesi e negli anni a venire si vedrà se Coca-Cola continuerà a dominare il dibattito. Prevediamo già una nuova battaglia tra i due giganti della cola, con prodotti che hanno lo stesso gusto ma meno calorie. Comunque vada, ormai Coca-Cola ha fatto il primo passo e non si può più tornare indietro.
Dal punto di vista dei consumatori, questa è una mossa audace, ma abile. Quando Coca-Cola ammette che le proprie bibite altamente zuccherate contribuiscono al problema dell’obesità è come dire che il Re è nudo! Quello che ha detto Coca-Cola è ovvio, ma adesso che affronta i suoi demoni può dedicarsi alla costruzione di un legame di vera fiducia con i consumatori. E Pepsi? L’AD Indra Nooyi non sarà felice della scelta difficile che ora deve affrontare. Coca-Cola ha alzato l’asticella in termini di ciò che ci si aspetta dall’industria delle bibite non alcoliche (e forse anche da altri settori) e i consumatori vorranno delle risposte precise. Siamo forse alla vigilia di una rivoluzione nel mondo delle bibite?
Coca-Cola non è l’unica società alle prese con simili sfide strategiche che minacciano le fondamenta del proprio modello d’impresa che si basa sulla vendita di bibite poco salutari e piene di zucchero. Anche McDonald’s e altre imprese nel settore del fast food, con offerte ad alto contenuto di grassi, sale e zucchero, sono sotto la lente del pubblico.
Dunque: quali sono i peggiori nemici nel vostro settore? Quali sono i temi che riuscite a gestire in modo attivo, anziché aspettare che i consumatori cambino atteggiamento (perché lo faranno, credetemi)? Alcune imprese hanno cercato di uccidere il grande nemico che stava in agguato, come ad esempio BP, che ha fatto finta di affrontare la sfida con il claim “Beyond Petroleum“, un tentativo che non è stato altro che un’iniziativa di marketing.
E qui ci sta una lezione importante. La comunicazione è capace di creare la visione e il dialogo indispensabile con gli azionisti, e di assumere un ruolo di primo piano, ma le azioni devono essere già operative o in posizione strategica, e devono essere trasparenti. Se la si gestisce bene, quella che sembrava una minaccia può essere trasformata in opportunità. E’ sempre meglio far fronte alla sfida e confrontare i veri nemici (soprattutto quelli interni) piuttosto che mettere la testa nella sabbia. A lungo andare si conquisterà il rispetto e il sostegno delle persone. Coinvolgete gli stakeholder e collaborate con loro per risolvere la questione: a quel punto i peggiori nemici potrebbero diventare i migliori amici…
di Thomas Kolster
Fonte: The Guardian