di Benjamin Yanda, responsabile sviluppo Golder Associates per l’Africa
Pubblicato su Pipeline Journal
L’attenzione delle celebrità – sicuramente dotate delle migliori intenzioni, ma talvolta mal indirizzate – condiziona in maniera sostanziale tempistiche e budget nella costruzione di oleodotti e gasdotti. In generale, chi lavora in questi ambiti è abituato a operare in contesti estremamente difficili, sia dal punto di vista ambientale, sia dal punto di vista “politico”. E’ d’altronde normale attendersi che gli abitanti dei territori interessati da questi progetti abbiano più di una preoccupazione legata agli impatti, reali o percepiti, che ne deriveranno.
La maggioranza delle imprese ha accettato la responsabilità di comprendere a fondo le ragioni degli stakeholder locali e di sviluppare in maniera proattiva strategie di coinvolgimento. Ma le risposte degli stakeholder saranno assai diverse se il progetto attirerà un’attenzione su una scala molto più vasta rispetto al legittimo interesse locale.
Il “fattore Hollywood”
E’ chiaro che la pianificazione del progetto, il piano degli investimenti e la redditività attesa possono essere del tutto compromessi se interviene il cosiddetto “fattore Hollywood”. Di cosa si tratta? E’ l’attenzione di una star di grande richiamo, che decide di adottare la causa degli oppositori del progetto. L’attenzione della star può facilmente tramutare in sfiducia la buona relazione costruita nel tempo con la popolazione e con le organizzazioni locali, governative e non. Un effetto del tutto identico avviene quando la causa degli oppositori viene adotta da una ONG ambientale o sociale. Inutile sottolineare come queste attenzioni si convertano, nel migliore dei casi, in ritardi e costi aggiuntivi. Le conseguenze possono anche comportare rischi di carattere non-tecnico associati al progetto, in grado di scoraggiare gli investimenti previsti. Problemi possono emergere ben oltre la fase progettuale, ma anche durante i lavori o addirittura in prossimità della loro conclusione. In alcuni casi, questi interventi comportano il blocco delle attività, anche definitivo.
Bisogna avere il controllo della narrazione
Non lasciate che qualcun altro racconti la vostra storia. L’esperienza in molti progetti in Africa e in altre parti del mondo ci insegna che uno dei più gravi errori in cui possono incorrere gli sviluppatori di un progetto è quello di lasciare completamente in mano agli oppositori la narrazione del progetto.
Le società del settore Oil & Gas si concentrano sui processi di pianificazione, sull’ottenimento delle autorizzazioni ambientali, sul posizionamento del progetto sul mercato, sulla capacità di affrontare le sfide di carattere tecnico e logistico. I loro gruppi di lavoro si focalizzano sulla capacità di realizzare un progetto di successo attraverso gli aspetti molto pratici della geologia e della geofisica, del reperimento delle risorse finanziarie, delle capacità di indagine, delle infrastrutture necessarie, dei piani di sviluppo e di marketing. Tutti passi indispensabili, nessuno lo mette in dubbio.
Così, tutti concentrati sul loro modo di pensare e di affrontare il lavoro, si sentono attaccati alle spalle quando una famosa star del cinema, un ministro del governo, un personaggio di chiara fama o qualche nota organizzazione non governativa interviene improvvisamente sui media, con dichiarazioni di chiara opposizione, a volte di decisa condanna, del progetto.
Nel giro di pochi giorni, più facilmente di poche ore, la storia si propaga sui media tradizionali, attirati dalla fama dell’oppositore, e soprattutto sui social media, innescati dalle pagine Twitter, Facebook o i blog gestiti direttamente dagli oppositori. Se la maggior parte delle ONG più responsabili pone grande attenzione nella verifica delle informazioni che vengono divulgate in suo nome, in molti casi alcune notizie – specialmente alcune ipotesi o congetture – vengono divulgate da un’unica fonte, senza alcun controllo o accertamento di veridicità.
Il ruolo moltiplicatore dei social media
Cosa spesso sorprende le imprese è la rapidità e la profondità con cui questo tipo di informazioni, che siano dati reali o solo percezioni personali, è in grado di propagarsi attraverso i social media. Un breve video, ripreso con l’uso di uno smartphone, può essere postato su YouTube e raggiungere migliaia di destinatari in pochi minuti. Un blogger con una storia da raccontare – una storia che magari non è stata verificata con l’accuratezza necessaria – può raggiungere anch’esso migliaia di contatti in pochi istanti. Grazie a Twitter (i follower di una celebrità possono facilmente essere centinaia di migliaia) l’informazione si diffonde ulteriormente. A questo punto può diventare davvero molto difficile cambiare la percezione del pubblico, anche se le informazioni riportate sono distorte, quando non addirittura false.
In certi casi, alcune affermazioni del tutto incorrette si ripetono sulla rete. Una dichiarazione di un blogger, per esempio, viene ripresa e ripetuta in maniera esponenziale fino a diventare – proprio grazie alla ripetizione continua – una “verità”, anche quando si tratta di una “falsità”. Titoli sparati con grande enfasi, per ignoranza o per malizia, riescono a “bucare” e attrarre l’attenzione del pubblico. E, purtroppo, le correzioni ai “titoloni da prima pagina” quasi mai finiscono in prima pagina. In un numero sempre crescente di casi, vediamo progetti di sviluppo bloccati da queste attenzioni, a volte condotte da parte di un’opposizione molto ben organizzata, che mette in campo anche mirate azioni legali, o almeno la minaccia di tali azioni.
Capacità di comprensione e dialogo
I timori più diffusi tra la popolazione riguardano generalmente temi che possono sempre essere previsti con largo anticipo: 1) approvvigionamento idrico 2) sfruttamento della terra 3) manodopera non locale 4) rumore 5) inquinamento atmosferico e 6) incremento del traffico. Perché farsi sorprendere? I residenti di un’area coinvolta in un progetto potrebbero essere molto interessati alle emergenti opportunità di lavoro e, più in generale, di business: nessuno vuole essere escluso da un progetto di grandi dimensioni, tanto meno quando questo coinvolge il proprio stesso territorio.
La maggior parte delle comunità non si fida di chi, proveniente dall’esterno, dimostra di non comprendere la realtà locale. E’ sempre opportuno avere dei portavoce del progetto che siano espressione diretta del territorio interessato. Solo chi conosce a fondo il territorio è in grado di capire la cultura e le istanze locali e sa dialogare con le modalità più comprensibili e accessibili. Ma la conoscenza e comprensione del territorio non è sufficiente: chi si interfaccia con le comunità locali deve anche conoscere molto bene il progetto dal punto di vista tecnico. Un buon portavoce è quindi merce rara. Un team efficace di più portavoce che operino sullo stesso progetto è, nei fatti, un obiettivo quasi impossibile da raggiungere.
Il coinvolgimento di professionisti locali è di grande importanza, anche perché gli enti governativi richiedono giustamente che le opere di compensazione in campo ambientale, sociale ed economico, siano individuate e condotte da cittadini che siano l’espressione diretta della comunità locale coinvolta. Bisogna essere consci che questa scelta, che è molto opportuna, può comportare ritardi nello sviluppo del progetto perché – in alcune circostanze – non è facile trovare persone con la preparazione necessaria, o anche solo pronte a ritagliarsi il tempo necessario per ricoprire questo ruolo di “mediatori locali”.
In più, professionisti noti e professori universitari, che rappresentano fonti credibili per la comunità locale, potrebbero essere riluttanti ad assumere posizioni che potrebbero esporli a controversie pubbliche. Temono, con qualche ragione, a possibili danni alla loro reputazione, a prescindere dal merito tecnico e dalla correttezza delle proprie valutazioni.
Trasparenza: è la chiave del successo
L’esperienza insegna che la trasparenza è l’elemento essenziale nella comunicazione, fin dai primissimi passi del processo di sviluppo di un progetto. Se, per esempio, il percorso del condotto non è stato ancora definito nel dettaglio, è indispensabile essere chiari e pronti a confrontarsi con chiunque sia influenzato o interessato da questo percorso. Solo così è possibile spiegare il punto di vista della società realizzatrice e metterlo a confronto con le percezioni, le esigenze e anche le competenze specifiche di chi abita sul territorio e lo conosce molto bene.
Questa apertura significa anche essere pronti a lavorare con le ONG locali e internazionali, aprendo un confronto continuo, in ogni fase di sviluppo del lavoro di costruzione in sé e delle relative opere di compensazione. Si tratta naturalmente di un lavoro complesso, che può influenzare gli investimenti previsti (il costo della terra potrebbe lievitare) e necessita sempre di risorse specializzate in grado di facilitare le relazioni e ottenere un grado di collaborazione sul territorio il più elevato possibile.
Chi propone un progetto deve operare in maniera aperta, trasparente e onesta con tutti gli stakeholder, incluse le ONG, e ottenere (e considerare) i loro suggerimenti fin dai primissimi passi del processo di progettazione. Ci sono esempi significativi dove la chiave del successo risiede in una sorta di “saggezza collettiva”: di chi propone il progetto, degli specialisti tecnici, degli enti governativi coinvolti, di tutti gli stakeholder che rappresentano le istanze, i timori e anche le speranze del territorio coinvolto. Il risultato, in questi casi, è la realizzazione di un ambiente operativo stabile grazie a relazioni solide e costruttive.
Fonte: Pipeline Journal