Gli impatti finanziari della sostenibilità: un terreno ancora incerto
Perché integrare i rischi ESG nei bilanci è una sfida complessa, ma imprescindibile per il futuro delle imprese. I dati della ricerca KPMG e Università Bocconi.
Se la sostenibilità è oggi una priorità indiscutibile per le imprese, non si può dire altrettanto della sua traduzione in numeri, su cui ci sono ancora tanti dubbi. Il recepimento in Italia della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) apre una nuova fase di nuova maturità e rilevanza della rendicontazione di sostenibilità, finalmente assimilata come importanza a quella finanziaria. Tuttavia, una recente ricerca di Università Bocconi e KPMG rivela una realtà ambivalente. Mentre molte imprese iniziano a considerare i propri impatti ambientali e sociali, poche sembrano capaci di misurare, e ancor meno comunicare, gli effetti finanziari delle sfide ESG, venendo men, di fatto, a una delle richieste più centrali della nuova direttiva.
È come osservare un quadro incompleto: il lato ambientale e sociale sembra ormai (quasi del tutto) assodato, mentre l’aspetto finanziario resta una bozza incerta. Ma perché?
La complessità della materialità finanziaria
La CSRD introduce un principio tanto rivoluzionario quanto impegnativo: la doppia materialità. Le imprese devono guardare in due direzioni: verso l’esterno, per capire come le loro attività impattano su ambiente e società, e verso l’interno, per cogliere come le questioni ESG possono influenzare i propri bilanci dal punto di vista finanziario. Ed è proprio qui che emergono i problemi.
Secondo la ricerca condotta da KPMG e Università Bocconi, nel 2023 oltre l’80% delle società italiane quotate ha iniziato a rendicontare gli impatti delle proprie attività su ambiente e società, segno di un’attenzione crescente verso la sostenibilità “esterna”. Tuttavia, solo il 20% ha affrontato esplicitamente gli impatti finanziari legati ai rischi e alle opportunità ESG, e perlopiù in forma qualitativa. Gli impatti mappati derivano soprattutto dai rischi ambientali, mentre quelli sociali sembrano essere del tutto assenti. E in questa percentuale c’è molta disomogeneità in come si sceglie di comunicare queste informazioni rispetto a profondità e forma.
Impatti finanziari, manca la visione
Analizzare gli impatti finanziari di un rischio ESG richiede infatti uno sforzo predittivo che molte imprese non sono pronte ad affrontare. Non si tratta di semplici numeri, ma di intrecci complessi: come si quantifica, ad esempio, l’effetto di un nuovo regolamento ambientale sulla redditività a lungo termine? O quello di una crisi reputazionale legata a temi di governance? Gli strumenti ci sono – grafici, matrici, modelli probabilistici – ma spesso manca una visione chiara. Si naviga a vista, in un mare di incertezze metodologiche e di scarsa comparabilità dei dati.
A complicare il quadro, c’è la necessità di dialogare con stakeholder finanziari – investitori, creditori – che non sempre sono preparati a interpretare questo tipo di informazioni o disponibili a collaborare. È un processo che richiede risorse, competenze e tempo, tre fattori che molte aziende, soprattutto le più piccole, faticano a reperire.
Un cambiamento che riscrive i processi aziendali
La normativa non si limita a chiedere una rendicontazione più dettagliata. Cambia le regole del gioco. La sostenibilità non è più confinata al bilancio sociale o alla relazione annuale: diventa un elemento strutturale, integrato nei flussi decisionali e nei sistemi di gestione del rischio. Questo richiede una trasformazione profonda delle imprese.
Il passaggio più difficile è culturale. Per troppo tempo, la sostenibilità è stata percepita come un tema “soft”, una questione di reputazione o di compliance. Ora, invece, si afferma come un fattore strategico, capace di determinare il successo e la competitività di un’azienda. Gli impatti finanziari delle questioni ESG non sono ipotesi astratte: si manifestano nei bilanci, nelle svalutazioni di asset legate a regolamenti ambientali, nei costi per la sicurezza sul lavoro, nei fondi rischi e oneri. Eppure, questa consapevolezza è ancora lontana dall’essere universale.
Perché gli impatti finanziari contano davvero
Ignorare gli impatti finanziari legati alla sostenibilità significa lasciare spazio a vulnerabilità potenzialmente invalidanti. Le imprese che non affrontano questo tema rischiano di trovarsi impreparate davanti a eventi inattesi: un cambiamento normativo, una crisi ambientale, un boicottaggio dei consumatori. E, paradossalmente, rischiano anche di perdere opportunità: gli investitori, sempre più attenti ai fattori ESG, cercano aziende capaci di dimostrare una gestione solida e trasparente dei rischi.
Non è solo una questione di doveri normativi, ma di sopravvivenza economica. In un mondo in cui la sostenibilità non è più un’opzione, il valore di un’azienda si misura anche nella sua capacità di guardare avanti, di anticipare i cambiamenti e di integrare i rischi ESG nella strategia finanziaria.
Un’opportunità per chi sa coglierla
Siamo all’inizio di un percorso. Le linee guida europee, come quelle di EFRAG e ISSB, offrono una base, ma molto resta da fare per affinare gli approcci, chiarire le metodologie e colmare le lacune. L’apporto di regolatori e studiosi sarà fondamentale. La sfida è enorme, ma lo è anche l’opportunità. Le imprese che sapranno affrontarla non solo risponderanno a un obbligo normativo, ma si posizioneranno come leader in un mercato in rapida evoluzione.
Non si tratta di aggiungere un nuovo capitolo al bilancio, ma di interpretare la storia dell’impresa integrando sostenibilità e finanza in un’unica narrazione coerente. Ed è qui che entra in gioco il ruolo di consulenti esperti: accompagnare le aziende in questo cambiamento non significa solo fornire strumenti tecnici, ma anche aiutarle a sviluppare una nuova visione, più consapevole e resiliente.