SDGs in Europa: progressi dimezzati e nuove sfide per il futuro
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Il Rapporto 2025 sullo Sviluppo Sostenibile mostra un’Europa in ritardo: necessario un impegno più forte della nuova leadership UE
Il cammino dell’Europa verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) sta rallentando. Il Rapporto sullo Sviluppo Sostenibile in Europa 2025 (ESDR), pubblicato dal Sustainable Development Solutions Network (SDSN), evidenzia una preoccupante frenata nei progressi in 41 Paesi e sottolinea le persistenti sfide sociali, ambientali e di biodiversità che ostacolano il raggiungimento dell’Agenda 2030.
Il quadro che emerge non è positivo: nel periodo 2020-2023, il ritmo di avanzamento sugli SDGs è stato più che dimezzato rispetto al triennio precedente, passando da un incremento di +1,9 punti (2016-2019) a soli +0,8 punti. Questo rallentamento colpisce l’intera Unione Europea e impone una riflessione sulla necessità di un rinnovato impegno politico e strategico.
Dove l’Europa è in ritardo: ambiente, biodiversità e sistemi alimentari
Il rapporto mette in evidenza le difficoltà dell’UE soprattutto in materia ambientale, con criticità evidenti nel raggiungimento dell’SDG 2 (sistemi alimentari sostenibili). La trasformazione dell’agricoltura e della produzione alimentare in Europa resta un tema cruciale, ma i progressi sono lenti e frammentati.
Una ricerca condotta in collaborazione con il Comitato Economico e Sociale Europeo (EESC) mostra che, per rendere il sistema agroalimentare più sostenibile, sarà necessario intervenire in modo deciso sul lato della domanda, promuovendo diete più sane e riducendo il consumo di alimenti a elevato impatto ambientale.
Inoltre, l’Europa continua a produrre effetti di spillover negativi, ovvero impatti ambientali e sociali che derivano dai modelli di consumo e dalla struttura delle catene di approvvigionamento internazionali. Secondo l’Indice di Spillover 2025, una quota compresa tra il 20% e il 30% dell’impronta ecologica totale di molti Stati membri è legata al commercio globale, a catene del valore poco responsabili e alle importazioni di beni prodotti in modo insostenibile.
Divergenze interne e disuguaglianze persistenti
Se è vero che 19 dei primi 20 Paesi nel ranking globale degli SDGs sono europei, la situazione all’interno del continente è tutt’altro che omogenea. Il Nord Europa continua a guidare la classifica, con la Finlandia in testa per il quinto anno consecutivo, seguita da Danimarca, Svezia, Austria e Norvegia. Tuttavia, persino questi Paesi avanzati devono ancora affrontare almeno due sfide globali irrisolte, in particolare legate alla transizione ecologica e alla riduzione delle disuguaglianze. L’Italia è al quindicesimo posto (su 41).
Nel resto d’Europa, la situazione è ancora più complessa. Il rapporto mette in luce disparità significative tra gli Stati membri, analizzate attraverso l’Indice “Leave No One Behind” (LNOB), che misura le disuguaglianze interne in termini di opportunità, accesso ai servizi e qualità della vita. I Paesi Baltici e quelli dell’Europa Centrale e Orientale si collocano in fondo alla classifica, con problemi persistenti di povertà, accesso limitato ai servizi essenziali e un elevato divario occupazionale per le persone con disabilità.
Anche nei Paesi più avanzati, le sfide sociali restano rilevanti. Se da un lato sono stati compiuti passi avanti nella parità di genere, dall’altro il rapporto evidenzia che disuguaglianze di reddito e accesso ai servizi non mostrano segni di miglioramento. Dal 2020, il livello medio di povertà e deprivazione materiale in Europa ha registrato un aumento, a testimonianza delle difficoltà economiche che stanno colpendo fasce sempre più ampie della popolazione.
Quattro priorità per rilanciare gli SDGs in Europa
Secondo il rapporto, per accelerare l’implementazione degli SDGs nel quinquennio 2024-2029, la nuova leadership europea dovrebbe concentrarsi su quattro priorità strategiche:
- Investire su larga scala in energia pulita e tecnologie digitali, adottando un piano industriale ambizioso e definendo un quadro finanziario stabile per il periodo 2028-2035.
- Rafforzare le misure sociali per contrastare le conseguenze dell’inflazione e dell’instabilità geopolitica, che stanno aggravando le disuguaglianze.
- Promuovere modelli di consumo più sostenibili, con particolare attenzione alla transizione verso diete più sane e rispettose dell’ambiente.
- Riaffermare il ruolo dell’UE nella diplomazia climatica e per gli SDGs, sostenendo riforme ambiziose a livello globale, in particolare nel sistema finanziario internazionale.
Un appuntamento chiave sarà la 4ª Conferenza Internazionale sul Finanziamento dello Sviluppo, che si terrà in Spagna a giugno 2025. Questo evento rappresenta un’opportunità fondamentale per l’Europa per rafforzare la cooperazione internazionale e mobilitare risorse finanziarie per il raggiungimento degli SDGs.
Il tempo stringe, serve un cambio di passo
A cinque anni dalla scadenza dell’Agenda 2030, il rapporto evidenzia che l’Europa non sta avanzando abbastanza rapidamente per rispettare i propri impegni, un risultato che va di pari passo con quanto ogni anno monitorato dall’ASviS in Italia. Il rallentamento nei progressi, l’aumento delle disuguaglianze e le sfide ambientali impongono una risposta più decisa da parte delle istituzioni europee.
Per evitare che gli SDGs rimangano obiettivi irraggiungibili, la prossima legislatura UE dovrà dimostrare un impegno concreto, trasformando le raccomandazioni del rapporto in azioni tangibili. Senza una svolta politica e strategica, il rischio è che l’Europa perda la sua leadership nella sostenibilità globale, con ripercussioni economiche, sociali e ambientali di lungo periodo. E allora, al di fuori dell’UE, chi rimarrà a sostenere con convinzione questa transizione?