Intelligenza artificiale generativa e transizione ecologica, si va avanti o indietro?

L’adozione dell’AI generativa sta ridefinendo il rapporto tra innovazione e sostenibilità, eppure ci sono ancora superficialità nell’adozione di questa tecnologia. Le percezioni dei dirigenti aziendali nella ricerca Capgemini.
Siamo di fronte a un’accelerazione tecnologica senza precedenti. L’intelligenza artificiale generativa è diventata il nuovo orizzonte dell’innovazione: aziende di ogni settore stanno salendo su questo treno, spinte dalla convinzione che rimanere indietro significhi perdere competitività, sviluppo e opportunità. Ma questa corsa, spesso frettolosa e acritica, solleva interrogativi essenziali: stiamo davvero valutando i rischi e le opportunità di questa tecnologia prima di adottarla?
Se il rischio principale è restare indietro rispetto ai concorrenti, la vera minaccia potrebbe essere un’adozione indiscriminata, che ignora i costi nascosti dell’intelligenza artificiale generativa. Uno su tutti, l’impatto ambientale. In questo modo, una tecnologia che nasce per ottimizzare i processi e migliorare la gestione delle risorse potrebbe, se non governata, trasformarsi in un acceleratore di consumo e inquinamento.
Cos’è l’intelligenza artificiale generativa e in cosa si distingue dall’AI tradizionale?
L’intelligenza artificiale generativa è una forma avanzata di AI che non si limita ad analizzare dati e prendere decisioni basate su pattern esistenti, come l’AI tradizionale, ma può generare nuovi contenuti—testi, immagini, video, codice, simulazioni—imitando la creatività umana. Questo la rende uno strumento rivoluzionario per l’innovazione, ma anche altamente energivoro e complesso da gestire in modo sostenibile.
L’impronta nascosta dell’intelligenza artificiale generativa
Per capire la portata del problema, basta guardare i numeri. Secondo il report Developing Sustainable Gen AI di Capgemini Research Institute, l’addestramento di un solo modello di intelligenza artificiale generativa come GPT-4 consuma una quantità di energia sufficiente a coprire il fabbisogno annuo di 5.000 famiglie americane. Ogni query complessa su un modello di linguaggio di grandi dimensioni richiede fino a 10 volte l’energia di una ricerca su Google. E mentre le aziende accelerano nell’adozione di questa tecnologia, il suo peso sulle emissioni globali cresce in maniera esponenziale: nei prossimi due anni, la quota di gas serra derivante dall’intelligenza artificiale generativa nelle aziende potrebbe passare dal 2,6% al 4,8% del totale delle loro emissioni. In questo quadro, si aggiunge quanto dichiarato dai 2mila dirigenti aziendali interrogati dalla ricerca Capgemini: il 48% crede che l’uso dell’AI generativa abbia aumentato in maniera diretta le emissioni di gas serra della loro organizzazione.
Sul fronte ambientale, si aggiunge un altro elemento spesso sottovalutato: il consumo idrico. I data center, necessari per far funzionare questi modelli, utilizzano quantità impressionanti di acqua per il raffreddamento: ogni 20-50 query su un LLM ( Large Language Model – una intelligenza artificiale generativa progettata per comprendere e generare testo in modo avanzato) consumano circa 500 ml di acqua, una cifra che, se moltiplicata per i miliardi di interrogazioni giornaliere, diventa insostenibile. E poi c’è l’aspetto dei rifiuti elettronici: entro il 2030, l’intelligenza artificiale generativa potrebbe generare fino a 5 milioni di tonnellate di e-waste, un volume 1.000 volte superiore a quello attuale.
Il problema non è solo nei numeri, ma nella scarsa consapevolezza del fenomeno: solo il 12% delle aziende misura oggi l’impatto ambientale della propria intelligenza artificiale generativa. La maggior parte delle imprese, invece, si affida a modelli pre-addestrati forniti da big tech, che offrono poca trasparenza su consumi e impatti reali. Questo significa che molte aziende stanno adottando strumenti di AI senza nemmeno sapere quanto costino, in termini ecologici, le loro scelte tecnologiche.
L’intelligenza artificiale generativa può supportare la transizione sociale ed ecologica?
Nonostante le criticità, l’intelligenza artificiale generativa può avere un ruolo positivo nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’ONU. Il report di Capgemini evidenzia alcuni settori chiave in cui questa tecnologia può offrire un contributo concreto:
- Agricoltura sostenibile: ottimizzazione della gestione delle colture, riduzione dell’uso di pesticidi e fertilizzanti e miglioramento della resa agricola attraverso analisi avanzate dei dati.
- Sanità e ricerca farmaceutica: accelerazione della scoperta di nuovi farmaci, analisi di grandi quantità di dati clinici e supporto ai medici nella diagnosi e nella scelta delle terapie più efficaci.
- Educazione e accesso alla conoscenza: creazione di tutor virtuali per supportare l’apprendimento e sviluppo di piattaforme educative personalizzate, in grado di adattarsi alle esigenze degli studenti.
- Azione per il clima: simulazioni climatiche ad alta risoluzione per prevedere fenomeni estremi e sviluppare strategie di adattamento più efficaci.
- Tutela della biodiversità: analisi dei dati ambientali per monitorare gli ecosistemi e individuare soluzioni per la conservazione della fauna e della flora.
Questi ambiti mostrano il potenziale di un’intelligenza artificiale generativa ben indirizzata. Il problema, però, è che mentre alcuni sviluppi promettono di aiutare la sostenibilità, l’infrastruttura tecnologica necessaria per alimentarli potrebbe, nel complesso, annullare i benefici. Questo è il nodo centrale della questione: possiamo davvero sfruttare il lato positivo dell’AI senza amplificarne le conseguenze negative? Perché finché la sostenibilità resterà un effetto collaterale e non un principio guida nello sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa, il rischio è che gli impatti dannosi superino i vantaggi.
Governare la tecnologia: le priorità per un’AI davvero sostenibile
Serve un cambio di rotta. Non possiamo permetterci di ripetere con l’intelligenza artificiale generativa gli errori fatti con la digitalizzazione incontrollata, fenomeno che ha portato vantaggi enormi ma che ha anche moltiplicato consumi ed emissioni. Se vogliamo che l’AI sia un alleato della transizione ecologica e non un nuovo fattore di pressione ambientale, è necessario un approccio più responsabile, basato su tre pilastri.
- Misurare l’impatto reale dell’AI
Ogni azienda che adotta l’intelligenza artificiale generativa dovrebbe essere obbligata a monitorare e rendicontare la propria impronta ambientale. L’assenza di dati trasparenti non può più essere una scusa: esistono strumenti per calcolare il consumo energetico dei modelli e stimare le emissioni associate al loro utilizzo. - Regolamentare e incentivare pratiche sostenibili
La politica deve fare la sua parte. Servono standard settoriali per limitare l’uso indiscriminato dell’intelligenza artificiale generativa e per spingere le aziende a scegliere modelli più efficienti e meno impattanti. Le soluzioni ci sono: dalle versioni “compatte” di AI meno energivore all’uso di data center alimentati da fonti rinnovabili. - Rimettere l’essere umano al centro
L’AI deve essere uno strumento al servizio della società, non un’entità fuori controllo che agisce senza criteri etici o ambientali. Il vero progresso tecnologico non è quello che accelera i processi senza limiti, ma quello che li migliora in modo sostenibile.
AI e sostenibilità possono convivere (?)
Se lasciata senza regole, l’intelligenza artificiale generativa potrebbe amplificare il problema delle emissioni e dei consumi. Ma sappiamo bene che i rischi di uno sviluppo incontrollato vanno ben oltre, toccando temi come la disinformazione, la sicurezza nazionale e l’uso improprio dei dati personali. Se invece integrata con un approccio sostenibile, l’AI potrebbe diventare uno strumento prezioso per accelerare la transizione ecologica e sociale.
Il futuro dell’intelligenza artificiale generativa non dipende solo dalla tecnologia stessa, ma da chi la governa e da come viene regolamentata. Seguendo una logica puramente di mercato, il rischio è che diventi un moltiplicatore di impatti negativi. Ma se la collettività saprà imporre criteri chiari e sostenibili, questa innovazione potrà davvero affiancarci nella transizione. La direzione da prendere è ancora una scelta aperta, e sta a noi decidere se l’intelligenza artificiale generativa sarà un alleato o un ostacolo per dare forma a modelli di consumo, produzione e convivenza sostenibili nel lungo termine.