European Accessibility Act: l’Europa abbatte le barriere invisibili

Dal 2025 nuove regole per garantire un accesso equo a prodotti e servizi essenziali. Un passo avanti per la giustizia sociale e la sostenibilità.
L’accessibilità non è un lusso né una concessione: è un diritto fondamentale. Eppure, in un’epoca in cui l’innovazione digitale e tecnologica avanza a ritmi vertiginosi, milioni di persone continuano a essere escluse da servizi essenziali, bloccate da barriere invisibili che, di fatto, negano loro pari opportunità. Per questo, l’Unione Europea ha deciso di intervenire con l’European Accessibility Act, la Direttiva (UE) 2019/882, una normativa che mira a garantire l’accesso equo a prodotti e servizi essenziali per le persone con disabilità e con limitazioni funzionali.
Questo atto legislativo è molto più di un semplice provvedimento tecnico: rappresenta uno dei pilastri operativi della Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030, il piano decennale con cui la Commissione Europea punta a costruire un ecosistema senza barriere, privo di discriminazioni e capace di offrire reali opportunità di partecipazione e uguaglianza.
L’obiettivo è chiaro: l’accessibilità non è un’opzione, ma un criterio fondamentale per un’Europa realmente inclusiva, in linea con i principi del Pilastro europeo dei diritti sociali, che pone l’uguaglianza e l’inclusione tra i suoi principi cardine.
Chi dovrà adeguarsi e quando
Gli Stati membri avevano tempo fino al 28 giugno 2022 per recepire la Direttiva nei loro ordinamenti nazionali, ma la vera scadenza operativa è fissata al 28 giugno 2025. Alcuni Stati potranno prevedere un periodo di transizione fino al 2027, ma la strada è segnata: chi fornisce prodotti e servizi al pubblico dovrà adeguarsi a nuovi standard di accessibilità.
I settori coinvolti coprono aspetti essenziali della vita quotidiana:
- Tecnologia e comunicazione: smartphone, computer, software, sistemi operativi
- Pagamenti e servizi bancari: terminali di pagamento, home banking
- E-commerce e piattaforme digitali: negozi online, interfacce utente, assistenza clienti digitale
- Mobilità e trasporti: informazioni sui viaggi, biglietterie elettroniche, servizi di trasporto passeggeri
- Cultura e informazione: e-book, dispositivi di lettura, media digitali
Le grandi imprese dovranno adeguarsi pienamente, mentre le microimprese potranno beneficiare di esenzioni, a condizione che dimostrino che il rispetto della normativa comporterebbe costi sproporzionati rispetto ai loro ricavi. In ogni caso la dichiarazione di accessibilità sarà obbligatoria per tutti e la mancata conformità potrà portare a sanzioni e conseguenze significative:
- Per le aziende: Sanzioni amministrative fino al 5% del fatturato
- Per i prodotti: Ritiro del prodotto dal mercato
- Per le PMI: Sanzioni amministrative da 2.500 euro a 40.000 euro.
- Per i servizi: Richiamo dell’APP mobile dallo Store
Oltre le barriere fisiche: la sfida dell’accessibilità digitale
Quando si parla di accessibilità, il pensiero corre subito agli spazi fisici: rampe per sedie a rotelle, ascensori, segnaletica tattile. Ma di fianco al mondo offline oggi si inserisce in modo prepotente anche quello digitale.
L’accesso ai servizi online è ormai imprescindibile: dalle operazioni bancarie ai pagamenti digitali, dalle prenotazioni di viaggio all’e-commerce, tutto passa attraverso schermi, app e piattaforme. Eppure, la maggior parte di questi servizi non è ancora realmente accessibile.
Basti pensare che 87 milioni di cittadini europei vivono con una forma di disabilità, di cui 13 milioni in Italia. Persone che quotidianamente si scontrano con interfacce non compatibili con i lettori vocali, form da compilare impossibili da navigare senza un mouse, video senza sottotitoli o traduzione in lingua dei segni. Un’accessibilità mancata che equivale a una porta chiusa.
Garantire l’accessibilità digitale non è un onere, ma un vantaggio competitivo. Permette di espandere il proprio mercato, perché garantire prodotti e servizi accessibili significa raggiungere milioni di clienti aggiuntivi, migliorando le performance. Ha un impatto concreto sul miglioramento della brand reputation, diventando un pilastro per la CSR. Inoltre, adattarsi alle norme EAA spinge le aziende a sviluppare soluzioni all’avanguardia, utili non solo per le persone con disabilità, ma per tutti i consumatori.
L’accessibilità come pilastro delle politiche UE
Questa Direttiva non è un intervento isolato, ma un tassello essenziale di una strategia europea più ampia.
L’UE ha posto l’inclusione e i diritti civili al centro delle sue politiche con una serie di strategie mirate:
- Parità di genere, per ridurre il divario salariale e garantire opportunità reali.
- Lotta al razzismo, con piani d’azione per combattere le discriminazioni sistemiche.
- Strategia per i diritti delle persone LGBTIQ, per rafforzare la protezione legale.
- Inclusione della comunità rom, spesso marginalizzata e senza accesso a servizi fondamentali.
- Strategia per i diritti delle persone con disabilità, con il chiaro obiettivo di eliminare i fattori di esclusione sociale e povertà.
- Piano di contrasto all’antisemitismo, per tutelare le comunità e preservare la diversità culturale.
Anche nel programma di lavoro per il 2025, la Commissione ha ribadito che questi temi non sono accessori, ma fondamentali per il futuro dell’Unione. Un’Unione che la Commissione vorrebbe più veloce, più semplice ma anche più audace nell’adesione ai propri valori.
Senza giustizia sociale, la sostenibilità è solo un’illusione
L’EU Accessibility Act non è solo una normativa tecnica: è una scelta politica e culturale. L’Europa che punta alla sostenibilità non può limitarsi a ridurre le emissioni o migliorare l’efficienza energetica: deve essere socialmente sostenibile.
Una transizione digitale che lascia indietro milioni di persone con disabilità è una contraddizione in termini. Un’economia più verde che non garantisce accesso a tutti non è realmente sostenibile.
Ed è qui che il concetto di giustizia sociale diventa cruciale. Il Pilastro europeo dei diritti sociali afferma che nessuno deve essere lasciato indietro, e questa direttiva ne è un esempio concreto. Perché l’innovazione e la crescita economica non possono e non devono avvenire a spese dell’inclusione.