Parità di genere: cosa non dobbiamo dimenticare questo 8 marzo

8 Mar, 2025 | Analisi e commenti

Parità di genere

Quando il vento soffia contro, bisogna piantare bene i piedi a terra.

Ci sono momenti in cui le scelte diventano test. Momenti in cui i valori dichiarati si misurano con le azioni concrete. E la parità di genere è uno di quei valori che, oggi più che mai, devono tradursi in impegno reale. Non è una moda, né solo un’opportunità tattica, ma un principio fondante di qualsiasi società sana, competitiva e giusta. Eppure, proprio mentre sembrava che il vento della storia soffiasse nella direzione giusta, qualcosa è cambiato.

Negli ultimi anni, molte aziende hanno fatto passi avanti, riconoscendo l’equità di genere come una leva di innovazione e crescita. Ma oggi assistiamo a ripensamenti e frenate, dettati da un clima politico e culturale meno favorevole. Il rischio è che, senza una visione di lungo periodo, si torni indietro.

Un’inversione di marcia che preoccupa

Ci sono segnali che non possiamo ignorare. La crescente ostilità verso le politiche ESG, i tagli ai programmi di diversità e inclusione da parte di grandi aziende e il dibattito politico sempre più polarizzato intorno ai temi dell’uguaglianza stanno creando un contesto incerto. Dagli Stati Uniti all’Europa, la narrativa che vede la parità di genere come un vincolo o una discriminazione al contrario anziché un valore si sta facendo strada. Con effetti anche nel nostro Paese, dove iniziano a verificarsi episodi che rasentano l’assurdità, come la vicenda che ha visto un liceo di Milano vedersi negare dalla dirigenza un incontro sulla violenza di genere perché “manca un contradditorio” e perché si tratterebbe di un tema “che si presta a strumentalizzazioni”. Una posizione che si commenta da sé.

Ma è proprio nei momenti difficili che si vede la solidità di un impegno. La parità di genere non è una concessione, né un trend, ma un principio irrinunciabile. Garantire pari opportunità non è solo una questione di giustizia sociale, ma è un fattore strategico di sviluppo e crescita. Quanto sarebbe più ricca la nostra società, quanto più efficiente, empatica, competente se le donne riuscissero a sviluppare tutto il proprio potenziale, dando il proprio contributo senza dover pensare a difendersi e a far valere i propri diritti?  Competitività, innovazione, tenuta democratica delle istituzioni: gli impatti sarebbero diffusi e trasversali.

Una condizione che si può avverare solo se l’adesione a questo principio è reale e integrata in ogni strategia di sviluppo sociale, aziendale, politica, ecc. Allora sì che diventa più difficile fare marcia indietro sui propri impegni, se questi sono davvero interiorizzati e parte di una cultura condivisa e partecipata.

Dove le disparità sono ancora evidenti

Se qualcuno avesse dubbi sulla necessità di continuare a lottare per la parità, basterebbe guardare ai numeri. Le disuguaglianze di genere sono ovunque, in ogni settore e in ogni paese. Qualche esempio notabile:

  • Medicina di genere: la ricerca medica è storicamente basata su modelli e trial clinici maschili, con conseguenze gravi per la diagnosi e il trattamento delle donne (pensiamo al fatto che per anni i sintomi dell’infarto non sono stati riconosciuti nelle donne perché diversi da quelli degli uomini, mappati e inseriti nei protocolli).
  • Rappresentanza aziendale: nei consigli di amministrazione delle grandi aziende quotate in Europa le donne restano una minoranza, cioè il 34% (dati European Institute for Gender Equality, 2024). In Italia, la situazione è migliore, con una presenza che si attesa intorno al 40% ma solo il 4% dei CEO e il 6% dei CFO è donna (Deloitte, 2024).
  • STEM e innovazione: la presenza femminile nelle facoltà e nelle carriere scientifiche, tecnologiche e ingegneristiche è ancora marginale, nonostante gli sforzi per colmare il divario. Secondo i dati ANVUR 2023, la crescita della presenza femminile nei corsi di laurea STEM è ferma o quasi da dieci anni, e rimane sotto al 40%. Questa situazione si riverbera poi nelle dinamiche aziendali, con impatti anche sulla disparità retributiva di genere.
  • Violenza di genere: il numero di femminicidi resta drammaticamente alto, a dimostrazione di una cultura che ancora fatica a riconoscere alle donne il diritto alla sicurezza e all’autodeterminazione. Nel 2023, secondo le ricerche UN Women, nel mondo ogni 10 minuti una donna, ragazza o bambina è stata uccisa da un partner o un componente della famiglia.
  • Disparità economica: tra le dieci persone più ricche del mondo (classifica Forbes 2024) non c’è nemmeno una donna. In Italia, secondo l’ISTAT, il tasso di occupazione delle donne si attesta solo intorno al 53% e solo il 58% delle donne ha un conto corrente intestato personalmente. L’indipendenza economica è ancora un tasto dolente.

Potremmo continuare con altre statistiche prese da settori e ambiti diversi, dall’economia allo spettacolo, dalla salute al linguaggio, e anche lì troveremmo una situazione molto simile. Il punto è chiaro: la strada da fare è ancora lunga, e i progressi non sono mai garantiti.

Un impegno che non può arretrare

Oggi, nella Giornata Internazionale della Donna, è fondamentale ribadire che la parità di genere è un investimento nel futuro. È un valore su cui costruire società più giuste, economie più forti e imprese più innovative. Ed è una responsabilità collettiva: delle istituzioni, delle aziende, della politica e dei media, di ogni attore sociale e di ogni singola persona.

Piantare bene i piedi a terra significa questo: non lasciarsi trascinare indietro dai venti del momento, ma tenere ferma la rotta, dimostrandolo ogni giorno, con scelte coerenti e coraggiose.

Micol Burighel