L’ABC del Green Marketing
Il Green Marketing è uno strumento che, se sfruttato in modo corretto, permette di valorizzare i progressi e gli sforzi fatti in ambito ESG. Attenzione, però, a dosare l’entusiasmo per non cadere nel Greenwashing.
In un contesto come quello attuale, iper-connesso e velocissimo, la reputazione mediatica delle aziende è fondamentale e costantemente in bilico: bastano pochi post per far crollare le vendite di un prodotto e le accuse di Greenwashing sono sempre in agguato. È fondamentale quindi che le imprese facciano dei passi avanti in termini di iniziative che testimonino un impegno concreto sui temi della sostenibilità, ma anche nell’implementazione di corrette strategie di Green Marketing.
Operazioni di marketing o azioni trasformative?
È importante sviluppare una comunicazione accurata, responsabile e chiara. La richiedono innanzitutto i consumatori, come dimostra l’8°Osservatorio Nazionale sullo stile di vita sostenibile condotto da Lifegate. Lo studio realizzato su un campione di 800 casi rappresentativi della popolazione italiana maggiorenne ci racconta un Paese sempre più attento alle tematiche di sostenibilità. Nel 2022, il 73% degli italiani si dichiara “coinvolto” – di cui il 35% appassionato e il 38% interessato – contro il 43% del 2015. La Generazione Z, le donne, i laureati, gli studenti e i professionalmente attivi sono i gruppi sociali più impegnati.
Il 45% del campione, intervistato sull’atteggiamento comunicativo delle aziende, ritiene che le iniziative introdotte, piuttosto che la dimostrazione di un impegno concreto per una maggiore sostenibilità, siano “prevalentemente operazioni di marketing per seguire il trend in atto e avvicinarsi alle richieste delle persone e del mercato”. Per il 35% degli intervistati, la ricerca di “informazioni trasparenti sul prodotto/servizio” guida le scelte di consumo e la valutazione delle aziende produttrici.
Facciamo un passo indietro: cos’è il Green Marketing?
Potremmo descriverlo come l’insieme di attività e strategie che un’azienda mette in atto per sviluppare, promuovere e valorizzare prodotti e servizi che migliorino la loro sostenibilità ambientale.
Le aziende possono, ad esempio, scegliere di modificare la produzione, introducendo una linea di prodotti green; oppure, possono adottare una comunicazione che trasmetta impegno e sensibilità per le tematiche ambientali (ma sempre fondata su fatti e dati reali). Infine, possono intraprendere azioni decisamente più impegnative, come ad esempio strategie per una riduzione drastica delle emissioni, nell’ottica di raggiungimento della cosiddetta carbon neutrality.
Restituzione e responsabilità: sono i due principi cardine del Green Marketing. Sempre più, le aziende sono chiamate, anche attraverso strumenti concreti di rendicontazione, a raccontare con trasparenza quali azioni mettono in atto per essere più sostenibili. Responsabilità significa, in questo caso, riconoscere di aver attuato comportamenti dannosi in passato e adottare strategie concrete per correggerli. Ma anche essere in grado di valutare oggi tutti i propri impatti – negativi o positivi che siano. Il principio del “give back”, dare indietro, implica invece la generazione di un impatto positivo: attraverso scelte produttive e organizzative etiche e l’ottimizzazione del consumo di energia, risorse e materie prime, l’azienda restituisce un po’ di quanto ha preso.
Attenzione al Greenwashing
Qualsiasi azione introduca un’azienda, piccola o grande che sia, deve attenersi a una logica di trasparenza e chiarezza. La comunicazione degli sforzi è fondamentale, ma è necessario risponda a una serie di criteri, utili per scongiurare accuse, più o meno fondate, di Greenwashing.
Una buona comunicazione ambientale passa anzitutto per la pianificazione dei messaggi, che devono essere chiari, veri, informativi e rappresentare correttamente l’identità dell’azienda. Lo scambio con gli stakeholder è un’altra premessa fondamentale: è solo attraverso il loro ascolto, coinvolgimento e la loro responsabilizzazione, che è possibile fidelizzarli. La credibilità di un’azienda passa anche per l’accuratezza dei dati che trasmette (anche negativi) e per l’impegno concreto e regolare in iniziative improntate al miglioramento delle proprie performance ambientali. È imperativo non utilizzare mai una comunicazione opaca o esagerata.
Leggi il decalogo della Comunicazione Ambientale per ulteriori linee guida.
Quali prospettive?
Un elemento ulteriore che può garantire efficacia e concretezza alla strategia è la presenza di certificazioni da parte di enti terzi. Dai marchi di prodotto, alle etichette ambientali, alle certificazioni d’impresa, le possibilità per vedere riconosciuto il proprio impegno sono moltissime ormai. Tuttavia, è ormai sotto gli occhi di tutti che non sempre le certificazioni – soprattutto quelle autoriferite – siano garanzia di veridicità delle informazioni trasmesse.
Ce lo conferma la recente proposta di una nuova direttiva europea che disciplini i cosiddetti “green claims” (le dichiarazioni verdi). Concretamente, si richiede che tutte le informazioni veicolate dalle aziende rispetto alla loro sostenibilità debbano essere comprovate da un ente terzo e che i sistemi di etichettatura ambientale vengano disciplinati, ponendo fine alla proliferazione di etichette pubbliche e private non credibili.
Si tratta di un’iniziativa che, anche in conformità con la nuova direttiva sul Reporting di sostenibilità, intende contrastare fenomeni di Greenwashing e garantire ai consumatori la ricezione di informazioni affidabili sulle caratteristiche ambientali dei prodotti che acquistano e le aziende che li producono.
In Italia, già da qualche anno ormai, esiste uno schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti, denominato “Made Green in Italy”. Esso permette di valorizzare sul mercato prodotti italiani con buone/ottime prestazioni ambientali misurate attraverso uno studio PEF (Product Environmental Footprint) completo, verificato e validato da un ente terzo indipendente.