Abbiamo intervistato Alois Lageder, storico e quotatissimo viticultore altoatesino, fra i pionieri della biodinamica italiana, cultore di vitigni antichi e dimenticati. Attento alla tradizione ed all’innovazione. Un occhio al vino creato secondo i ritmi lenti della natura, un altro alle innovazioni tecnologiche votate alla sostenibilità ambientali. Expo ha messo in luce un aspetto fondamentale del rapporto fra l’uomo ed il cibo: è un rapporto che va mediato con sempre maggiore sostenibilità. La produzione di cibo, dall’allevamento, alla coltivazione, al trasporto e stoccaggio, è un’importante fonte inquinante. Quali azioni di sostenibilità sono state messe in campo dalla sua azienda per rendere la produzione di alimenti maggiormente sostenibile? «L’adozione dell’agricoltura biodinamica è sicuramente l’azione più efficace che abbiamo adottato. Un metodo di lavorazione della terra e dei prodotti agricoli sostenibile e naturale, che non usa chimica di sintesi e che tiene conto delle naturali “forze” della Natura. Purtroppo è un approccio che l’agricoltura moderna tende a dimenticare e a non applicare. Sono stato interessato a questo metodo di coltivazione sin dalla fine degli anni ’70. Mia madre coltivava l’orto di casa in maniera biodinamica ante litteram. I primi studi sistemici li abbiamo compiuti negli anni ’90 e poi dal 2004 abbiamo completamente convertito l’azienda all’agricoltura biodinamica. E la parola conversione non è usata a caso: ci va anche una certa dose di consapevolezza e di “fede”. A cui nel corso degli anni abbiamo iniziato anche i nostri conferitori: ormai quasi il 50{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} della loro superficie è coltivata con il metodo biodinamico». La vostra sede anche ha fatto scuola e scalpore quando è stata inaugurata. «Il nuovo edificio, terminato nel 1995, è nato dall’idea di costruire in maniera sostenibile e non impattare sull’ambiente. Ora non produciamo più Co2, utilizzando esclusivamente fonti rinnovabili per la produzione di calore ed elettricità, attraverso l’acqua, la geotermia e il sole naturalmente. Nell’anno inaugurale il nostro impianto fotovoltaico era il più grande in Italia. La nostra sede ha destato e desta tuttora molta curiosità». La scelta del consumatore è una forza formidabile per orientare il mercato: cosa si può fare per rendere il consumatore sempre più consapevole? Sempre più disponibile ad operare scelte di acquisto sostenibili? «Come responsabile Demeter Italia me lo chiedo spesso. Da una parte vi è la necessità di risparmiare, ma il consumatore risparmia in maniera sbagliata. Io credo che non si debba risparmiare su quello che si mangia, perché si è quello che si mangia. Vi è discrepanza enorme fra prodotto buono e prodotto economico. E questo è un problema dettato dall’economia, ma anche dall’educazione. Assisto però ad un cambiamento in atto, i consumatori mi sembrano sempre più consapevoli ed informati. Un grosso aiuto può venire dall’educazione: educare alla salubrità del cibo fin dalla scuola e poi anche con gli adulti, è un’azione sempre più necessaria. Nel mondo biodinamico si discute di questi aspetti. Tanti piccoli passi si stanno compiendo per far passare il concetto che il risparmio immediato sul prodotto è spesso una spesa rimandata sul futuro: un cibo non sano è un cibo che un prezzo economico spesso conveniente nell’immediato, ma che presenta un costo in termini ambientali, sanitari e sociali nel futuro prossimo». Dal suo punto di vista, come giudica il mercato italiano? La sostenibilità è un driver importante? «Un’azienda deve prima di tutto scegliere da che parte andare, avere una visione, proporsi degli obiettivi e poi partire ed agire, agire agire. Nel ‘95 quando ho finito la costruzione della cantina è stato sorprendente: l’interesse per la nostra scelta di sostenibilità è stato enorme. Per il passaggio alla biodinamica c’è stato lo stesso interesse e la stessa curiosità da parte di appassionati, clienti ed addetti ai lavori. È importante essere convinti di quello che si fa, essere trasparenti su quello che si fa, questo genera vantaggi nel comunicare, convinzione e passione trasmettono e coinvolgono più di molte parole. Quindi per rispondere alla domanda: la sostenibilità è un driver per lo sviluppo economico a patto che sia sostenuta da un approccio coerente ed appassionato». Quali media e strumenti sono secondo lei maggiormente efficaci nel comunicare la sostenibilità di un prodotto? «L’uomo è il miglior media: sono le persone che comunicano al meglio la passione. Nel nostro settore poi la pubblicità non si fa: a parte alcuni grandi marchi. Abbiamo criteri etici e di qualità, per questo cerchiamo di comunicare la nostra qualità attraverso noi stessi, mettendo noi stessi davanti al vino. Il rapporto di fiducia è ancora importantissimo nel nostro settore. Poi ci sono marchi importanti come Demeter che aiutano. Ma la trasparenza e l’apertura nei confronti dei consumatori sono fondamentali». Cosa manca al sistema Italia, che pure secondo il Food Sustainability Index di Barilla è in cima alla classifica della sostenibilità? «Devo essere sincero: mi meraviglia che sia in cima! Noi conosciamo la realtà svizzera, austriaca, tedesca. Ci sono grosse differenze fra nord e sud dell’Europa. In Italia avverto la mancanza del senso della comunità. L’uomo nelle sue decisioni deve considerare anche la comunità, interrogarsi su che effetto hanno le sue azioni sui suoi simili, la sostenibilità è questo soprattutto: pensare a chi verrà dopo, far sì che le nostre scelte possano essere sostenute dalle generazioni future e non compromettano la loro libertà di scelta. È anche e soprattutto una questione di consapevolezza». Come sta il vino di quest’anno? Come è andata la vendemmia? «In generale direi bene, anche se lo stress idrico, il grande caldo e le gelate hanno ridotto la quantità di vino ottenuto». In Piemonte ed in molte altre regione d’Italia per ovviare all’innalzarsi delle temperature si stanno piantando filari a quote altimetriche sempre più alte. In Alto Adige il clima dolomitico vi ha graziato o anche voi state scalando i versanti? «Mi occupo di cambiamenti climatici da 30 anni: andare più alto è una soluzione. Un’altra è inserire vitigni che meglio sopportano le alte temperature: in queste zone dell’Alto Adige questi vitigni acquistano freschezza ed acidità. Altra soluzione è la biodinamica: poiché rafforza la pianta e la aiuta a sopportare gli stress idrici e gli sbalzi di temperatura. La sinergia con gli animali (nei terreni di Lageder si attua ancora la transumanza degli animali, ndr) produce maggiore qualità, biodiversità, equilibrio. Le condizioni climatiche cambiano, ma dobbiamo agire per rallentare il cambiamento attraverso sperimentazioni e necessari adattamenti. Già nel 2005 lo dicevamo in seno alle discussioni su agricoltura e cambiamento climatico: oggi è ancora più vero».]]>