Dal Brasile a tutto il mondo: ecco i bilanci partecipativi
Da semplici fruitori a organizzatori di una parte dei fondi pubblici. Questa è la caratteristica dei “bilanci partecipativi” che nascono in Brasile ma rivoluzionano democraticamente le gestioni cittadine in tutto il mondo, anche in Europa
La nascita dei bilanci partecipativi ha una data e un luogo preciso. Nel 1989 il Brasile stava passando con difficoltà dalla dittatura alla democrazia. Nella città di Porto Alegre venne chiesto per la prima volta ai cittadini di dire la loro opinione su come spendere una parte dei fondi comunali per poter mantenere un clima sereno in una zona vitale per il Paese.
Nacque così il primo “bilancio partecipativo”, un processo democratico per scegliere come e a chi destinare una buona parte delle risorse pubbliche. Una scelta che ebbe ripercussioni positive anche sull’affluenza elettorale, rafforzando la fragile democrazia da poco costituita.
Lo sviluppo mondiale dei bilanci partecipativi
La forza di questi bilanci consiste proprio nel coinvolgimento diretto dei cittadini nella gestione dei fondi amministrativi. Per questo motivo il sistema si sviluppò velocemente nel mondo, trovando un terreno fertile soprattutto nei comuni europei. Nel 2019, su oltre 10 mila casi analizzati, oltre la metà proveniva dal vecchio continente. Il trend è cresciuto durante la pandemia mantenendo stabile il rapporto con circa 2.200 nuovi bilanci europei accertati nel 2020 su 4.000 mondiali.
Il Paese europeo con la maggiore diffusione è la Polonia che incentiva questa pratica per legge nelle zone rurali. Al secondo posto si trova il Portogallo con casi di notevole successo, come per la città di Cascais. Qui nel 2021, 70 mila cittadini su 200 mila si sono espressi su come utilizzare parte dei fondi cittadini annuali. Ma gli esempi europei sono numerosi e coinvolgono tanto le grandi metropoli, quali Parigi e Berlino, quanto i piccoli borghi e comuni.
La situazione in Italia
L’Italia ha sperimentato i bilanci partecipativi all’inizio del nuovo millennio. Nel biennio 2002-2003, a seguito di alcuni scambi tra autorità italiane e brasiliane, nacquero i primi casi su iniziativa locale. In breve tempo questi progetti vennero codificati con apposite leggi regionali prima in Toscana e poi in tutto lo stivale fino alla Sicilia. Proprio questa Regione conta oggi il maggior numero di esempi (63), seguita dalla Lombardia (20), Emilia-Romagna (7) e Lazio (5). Al momento non esiste ancora una legge nazionale regolatrice ma si stanno sviluppando sistemi complessi nei principali capoluoghi di provincia per favorirne la diffusione.
Innovazione e inclusione al centro del progetto
Il bilancio partecipativo mobilita le persone e le avvicina alla gestione della “res publica”, ma oggi necessita di un rinnovamento dato dalle sfide legate all’innovazione tecnologica e sociale. Non solo. Assistiamo anche al consolidato fenomeno di un coinvolgimento circoscritto a una fascia di cittadini che può contare su elevate risorse economiche e culturali. Bisogna invece favorire il coinvolgimento di tutti nel sistema, specialmente le persone che non trovano una rappresentanza politica che le sostenga. In questo modo si potrà ridurre la disuguaglianza e favorire lo sviluppo locale sulla base delle richieste di chi abita e conosce il territorio.