La battaglia contro il riscaldamento globale ha ricevuto un forte stimolo a seguito dell’intenzione annunciata per la prima volta dalla Cina – il maggiore produttore di CO2 al mondo – di limitare le proprie emissioni di gas serra. La Cina, responsabile di un quarto delle emissioni mondiali, si propone di imporre un limite a partire dal 2016, per cercare di contenere quello che secondo la maggioranza degli scienziati rappresenta la causa principale del cambiamento climatico.
L’annuncio segna una svolta radicale nell’atteggiamento cinese e potrebbe essere di stimolo ad altri Paesi a ridurre le proprie emissioni, come precisa all’Independent, Lord Stern, presidente del Grantham Research Institute on Climate Change della London School of Economics, il cui rapporto realizzato per il governo britannico nel 2006 sulle implicazioni finanziarie del cambiamento climatico è considerato da molti commentatori il documento politico più autorevole a livello mondiale sul tema: “L’annuncio cinese dovrebbe convincere tutte le nazioni, in particolare gli altri grandi “emittenti” come gli Usa, ad avviare azioni più decise sulla questione del cambiamento climatico. Inoltre, migliora le prospettive per la deliberazione di un grande trattato internazionale al vertice Onu sul cambiamento climatico che si terrà nel 2015”
Gli fa eco Doug Parr, direttore scientifico di Greenpeace: “Questo annuncio segna un importante cambiamento nella posizione cinese e dovrebbe essere in grado di superare l’attuale impasse tra gli Usa e la Cina nelle trattative sul cambiamento climatico. Senza un accordo tra questi due grandi attori, è difficile che si possa raggiungere un accordo nel 2015…”
Alla luce di questi sviluppi, Pechino diventa forse il luogo ideale per uno sguardo nuovo tramite l’arte sul tema del cambiamento climatico. Infatti nella capitale cinese – come racconta il Guardian – si è da poco inaugurata una mostra d’arte sui temi legati alle scienze climatiche. La mostra, intitolata Unfold, è allestita da Cape Farewell, un’organizzazione senza scopo di lucro attiva nelle arti per il clima, allo scopo di sollecitare una risposta culturale al cambiamento climatico. Prima di approdare a Beijing, la mostra, inaugurata a Vienna, è stata allestita anche a New York, Londra e Chicago.
Sono esposti i lavori di oltre 20 artisti che hanno partecipato a viaggi in Artico e nelle Ande organizzati da Cape Farewell, acquisendo così un’esperienza diretta degli effetti del cambiamento climatico sui ghiacciai. “Come uno dei maggiori produttori di emissioni di CO2, la Cina ha una grande responsabilità nell’affrontare il tema del riscaldamento globale” spiega Chris Wainwright, co-curatore della mostra e vice rettore dell’University of the Arts London che aggiunge di voler portare la mostra non solo in Cina “ma anche in quelle altre parti del mondo dove i temi legati al climate change devono essere discussi approfonditi”.
Si spera di promuovere un dibattito sul cambiamento climatico, non necessariamente in termini di confronto ma per stimolare la gente a ripensare i propri comportamenti e stili di vita in modo positivo. “Gli scienziati sono i messaggeri”, osserva David Buckland, fondatore e presidente di Cape Farewell, “ma tutti devono rendersi conto della gravità del cambiamento climatico. I pezzi esposti (ad esempio un diamante coltivato artificialmente dalle ceneri di un osso di orso polare) hanno la capacità di narrare storie e diventano un canale efficace per parlare con un pubblico più grande”.
E proprio sul tema dell’arte applicata al climate change avevamo recentemente ripreso questo ulteriore contributo che giunge alle stesse conclusioni: la scienza della comunicazione del cambiamento del clima è essenziale per coinvolgere le menti delle persone, ma l’arte di coinvolgere la loro immaginazione è probabilmente altrettanto importante.