Associazione Civita si è posta la domanda ed ha fornito anche delle risposte, elaborando sperimentalmente un modello di rendicontazione degli interventi effettuati dalle imprese in ambito culturale. Si tratta di iniziative che ad oggi non hanno trovato ancora un modello di rendicontazione efficace negli strumenti comunemente utilizzati dalla reportistica legata ai bilanci di sostenibilità ed alla misurazione della CSR di un’impresa. L’attività del comitato di ricerca, partita nel maggio 2015, ha preso spunto da un’indagine condotta da Civita in collaborazione con UNICAB su un campione di imprese di medie e grandi dimensioni, intesa ad analizzare le tipologie di investimenti culturali effettuati e la loro eventuale rendicontazione nei bilanci di sostenibilità. L’indagine ha confermato che quasi esclusivamente le imprese di grandi dimensioni redigono report di sostenibilità e CSR (36{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} del campione preso in analisi) e che gli strumenti di rendicontazione attualmente a disposizione non comprendono specifici indicatori per gli investimenti in cultura che ricadono, quindi, in una più generica categorizzazione per interventi rivolti alla comunità di appartenenza. Nel contesto italiano, dato lo straordinario patrimonio culturale a disposizione, l’investimento delle imprese in cultura potrebbe rappresentare senza dubbio una dimensione rilevante della CSR di un’impresa. Tali indicatori si ispirano direttamente agli obiettivi di sviluppo sostenibile individuati dall’Onu ed in particolare: il Goal 4 : “Ensure Inclusive and Equitable Quality Education and Promote Lifelong Learning Opportunities for All”; il Goal 11: “Make cities inclusive, safe, resilent and sustainable” ed infine il Goal 17: “Revitalize the global partnership for sustainable development”. Nel dettaglio la proposta avanzata dal comitato scientifico che ha elaborato il documento «Dalla CSR alla “Corporate Cultural Responsibility”: come valorizzare gli interventi delle Imprese in Cultura» propone un aggiornamento del classico schema di rendicontazione IRC, integrando il capitale culturale ai capitali umano e intellettuale, finanziario, infrastrutturale, ambientale e sociale, con l’intento di racchiuderli ed informarli tutti. Un capitale culturale di sostenibilità, applicato al personale in forza in un’azienda, ne qualifica l’azione; applicato al capitale infrastrutturale (un macchinario impiegato con perizia e diligenza) ne qualifica e migliora il risultato. Il capitale culturale si configura quindi come categoria trasversale ed omnipervasiva. Gli indicatori di analisi, con cui incrociare i dati di “capitale” sono i seguenti: Scenario: contesto interno ed esterno all’impresa nel quale si inserisce l’attività culturale. Input: risorse di diversa natura impiegate dall’impresa per l’azione in ambito culturale. Output: risultato diretto per l’impresa derivante dall’azione in ambito culturale. Outcome: risultato globale diretto e indiretto dell’azione culturale. Dal loro incrocio ne deriva una matrice entro cui è possibile, a livello ancora sperimentale ora, valutare l’impatto di un’azione culturale d’impresa sul territorio. Ne forniamo qui uno schema, tratto direttamente dallo studio di Associazione Civita: «Dalla CSR alla “Corporate Cultural Responsibility”: come valorizzare gli interventi delle Imprese in Cultura». L’importanza di tale azione, al di là della sua misurabilità e della sua rendicontazione, è però sotto gli occhi di tutti. L’investimento in cultura (e formazione) sono gli strumenti primi con cui assicurare lo sviluppo di una società.]]>