Dopo aver vinto, nel 2011, il premio Itwiin per le sue innovazioni nel settore dell’edilizia sostenibile, Daniela Ducato, imprenditrice sarda che ha creato i progetti di edilizia sostenibile Edilana ed Edilatte, è stata nuovamente premiata nel 2013 a Stoccolma come migliore innovatrice d’Europa nell’edilizia verde con l’Euwiin International Awards. La motivazione del premio recita: “Ha creato i materiali per l’efficienza energetica carbon free e per l’edilizia verde più ecofriendly e innovativi d’Europa mettendo insieme tenacia, rigore scientifico, eccellenza tecnica, economia collaborativa, rispetto e valorizzazione dei paesaggi del mondo”.

L’utilizzo di materiali carbon free è un passo importante ma, da solo, non sufficiente: non sempre utilizzare materiali naturali significa rispettare l’ambiente. Quali sono le soluzioni che ha scelto di adottare per ridurre l’impatto ambientale in edilizia e quali sono i criteri da prendere in considerazione?

Per considerare un materiale “sostenibile” non basta che sia carbon free o di origine vegetale. Occorre valutare l’intero processo produttivo, il trasporto, la lavorazione, come questo incide sull’ambiente per essere prodotto, se causa problemi al paesaggio o all’economia locale. Per questo, quando si parla di efficientamento energetico, non si può più essere generici: i materiali utilizzati per isolare e per migliorare l’efficienza di un edificio diventano problematici per l’ambiente, quando arriva il momento di smaltirli.

Qual è lo stato dell’arte dell’edilizia sostenibile in Italia, anche rispetto al resto d’Europa?

Il problema è che, in Italia, gli incentivi ci sono e sono abbondanti, ma vengono dati senza premialità: al contrario, in Inghilerra come in Svezia, vengono dati in base all’effettiva sostenibilità dei materiali, non solo sulla base dell’efficientamento energetico che i materiali sono in grado di produrre. Gli incentivi devono premiare la vera tracciabilità, la qualità e la dignità dei prodotti. Occorre obbligare all’etica tutti coloro che vogliono accedere a dei soldi pubblici. E’ una questione tanto economica quanto morale. Nel nostro Paese, negli ultimi anni, le ristrutturazioni hanno superato di gran lunga le nuove costruzioni e la consapevolezza è in crescita anche da parte dei progettisti: la politica dovrebbe favorire le sinergie virtuose.

Il rischio di green washing, per quanto riguarda gli interventi di riqualificazione energetica, è reale e diffuso?

Parlo di “green taroccato” proprio quando mi riferisco ai materiali edili utilizzati per la riqualificazione energetica, la cui produzione comporta però un grande impatto ambientale e sociale e la stessa cosa avviene nel momento dello smaltimento: ci renderemo conto della vastità del problema tra venti o trent’anni, quando i materiali utilizzati in questi anni raggiungeranno la fine del proprio ciclo di vita. Eppure il fenomeno sarebbe facile da contrastare: basterebbe obbligare ad una tracciabilità assoluta, che interessi tutte le fasi del ciclo di vita del materiale, incentivando soltanto i veri esempi di sostenibilità.

Il Premio le è stato conferito anche per “aver ideato opportunità di economia collaborativa ed economia di genere, riscrivendo regole nuove per la gestione sostenibile delle risorse naturali”. La sostenibilità sociale è un tema che gode di adeguata attenzione ad oggi in Italia e in Europa?

Per quanto riguarda la sostenibilità sociale, a mio avviso l’Europa è fortemente divisa in due: nel Nord del Continente si registrano molti casi di esempi virtuosi, ci sono molte eccellenze, mentre Sud ed Est non hanno ancora ben chiaro cosa sia la sostenibilità sociale. La sostenibilità ambientale e quella sociale sono temi che ancora faticano a viaggiare insieme.

Per quanto riguarda le opportunità di economia collaborativa citate tra le motivazioni del premio, ritiene che questo approccio possa essere alla base di un modello globale in grado di favorire una ripresa economica?

L’approccio collaborativo è indispensabile per la ripresa. Dobbiamo riscoprire lo spirito del Rinascimento, nato proprio in Italia, durante il quale era chiara l’interrelazione di tutti i settori delle arti e del sapere. Agricoltura e architettura, in particolare, devono riscoprirsi sorelle: gli scarti di una possono diventare risorse per l’altra. Bisogna fare il passaggio da “prenditori” a “imprenditori”, molti lo stanno già facendo.

Dal suo punto di vista, quali sono gli interventi prioritari che il Governo dovrebbe mettere in atto per provare a coniugare sostegno economico e sviluppo sostenibile?

Il Patto di Stabilità è completamente da rivedere: bisogna promuovere l’innovazione e la prevenzione, la messa in sicurezza del territorio. Servono norme che incentivino lo sfruttamento responsabile delle risorse, senza la produzione di rifiuti e riscoprendo la capacità, tutta italiana, della multidisciplinarietà. La politica deve stare accanto agli imprenditori, senza più tenerli in ostaggio. Bisogna smettere di regalare sussidi e incentivi alle realtà virtuose solo in apparenza, imponendo la tracciabilità dei costi e dei benefici, ma anche smettere di puntare su una tassazione che impedisce di essere competitivi. Aspetto di vedere questo cambiamento.

La sostenibilità e l’approccio collaborativo sono anche al centro dei nuovi progetti recentemente inaugurati…

Esatto, il primo nasce dall’unione di 300 allevatori di farfalle Guspini. Una parte del nostro cibo e due terzi delle foreste del mondo esistono grazie alle farfalle e alla loro azione di costante impollinazione. Occorre guardare il mondo con occhi di farfalla, capaci di vedere migliaia di colori che la nostra retina non riesce a vedere. Ispirata dalle farfalle invernali e dalle strutture delle loro captatrici di energia, l’ultima innovazione per l’efficienza energetica è nata grazie alla sinergia di competenze della Conservatoria delle Coste, dell’Assessorato all’Ambiente della Regione Sardegna – con una prima inaugurazione in Sardegna – e poi a Kioto, insieme al Ministero di Cultura e Tecnologia e alle Università Giapponesi: una ricerca che ha permesso di avviare il primo piano europeo del verde urbano a misura di farfalla e dare il via alla ricerca per materiali hi – tech a misura di farfalla.

Sempre a marzo, è stato inaugurato il progetto “La naturale edilizia Architecture of Peace”, per un’architettura senza petrolio. Una superficie di 7800 mq con un cuore interno certificato Casa Clima che contiene la più grande libreria esistente in Europa, con oltre 500 materiali per la bioedilizia e il raw design, con protocollo LPA e, primi al mondo, certificati a tracciabilità totale: componentistica, prestazionale, tecnica, ambientale, etica, sociale, economica e di parità di genere. Materiali e soluzioni che fanno bene al clima inteso anche come clima sociale per un ambiente a misura d’uomo e …di donna!