Dibattito pubblico e mediazione ambientale sono due istituti giuridici la cui efficacia è provata e mutuata da esperienze positive in altri contesti, dalla Francia agli Stati Uniti, in cui sono largamente applicati. Nel nostro paese si sono affacciati timidamente solo l’anno scorso, con l’approvazione del nuovo codice degli appalti, e sono previsti per opere che cubino almeno 200 milioni di euro di investimenti, su richiesta delle amministrazioni locali coinvolte, dell’amministrazione centrale o dei cittadini stessi (in ragione di almeno 50mila firmatari di richiesta apposita). Ma rischia di nascere zoppo ancora prima di divenire prassi comune. Fra le tipologia di opere che verranno escluse dal dibattito pubblico in salsa tricolore, ci sono le infrastrutture energetiche. Dal testo della bozza che disciplinerà il dibattito pubblico, sono infatti esclusi tutti gli impianti energetici, gasdotti e oleodotti, trivelle, come centrali chimiche e impianti nucleari, mentre rimangono le infrastrutture. Opere impattanti sui territori e che pure non rientrano nella tipologia di opere che prevedono l’adozione del confronto sistematico con i cittadini. Una scelta, quella del legislatore, che rischia di rendere del tutto inutile lo strumento che ci apprestiamo ad introdurre. Gli ultimi dati del Nimby forum ci dicono infatti che sono proprio le opere del comparto energetico quelle che suscitano le maggiori preoccupazioni (57,6{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}), le più feroci opposizioni da parte di cittadini e comunità. Ma quel che maggiormente allarma è che nel 2016 il 75{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} delle contestazioni, guidate dalla politica locale nella maggior parte dei casi, come emerge sempre dai dati del Nimby forum, si è rivolta contro impianti a fonti rinnovabili. Scelte incomprensibili che rischiano di minare alla base la nascente green economy italiana e che minacciano di rendere irraggiungibile gli obiettivi COP21 sottoscritti a Parigi nel 2015. Ma soprattutto rischiano di vedere incancrenirsi i rapporti fra istituzioni e comunità proprio su temi sensibili come la tutela ambientale e lo sviluppo di forme alternative di economia e produzione energetica. Il confronto con i territori e l’adozione di una comunicazione ambientale chiara e precisa, è una strada di comprovata efficacia, sociale ed economica. «Il dibattito pubblico – commenta Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, come riportato da GreenReport – è uno strumento fondamentale non solo per informare i cittadini, ma anche per costruire un confronto sull’utilità e l’impatto delle opere che vengono proposte nel nostro Paese. Ed è tanto più importante oggi che abbiamo bisogno di spingere e di creare consenso su una transizione incentrata sulle fonti rinnovabili e su impianti capaci di spingere l’economia circolare nel nostro Paese». Ecco alcuni dei punti del decreto così come licenziati dal Ministero per le Infrastrutture e Trasporti. Qui la versione integrale della bozza. QUANDO SI APRE IL DIBATTITO PUBBLICO: Il decreto prevede che il dibattito pubblico si apra nella fase di elaborazione del progetto di fattibilità quando le alternative progettuali sono ancora aperte e il proponente può ancora modificare il progetto. In particolare si apre sul Documento delle alternative progettuali e i risultati del Dibattito pubblico concorrono all’elaborazione del Progetti di fattibilità. SU QUALI OPERE: il dibattito pubblico è obbligatorio per opere di una certa consistenza, tra i 200 e 500 milioni di euro a secondo della tipologia di intervento. Il dibattito pubblico è obbligatorio anche su richiesta delle amministrazioni centrali (Presidenza del Consiglio e Ministeri), degli enti locali (un consiglio regionale, una provincia, una città metropolitana, un numero di consigli comunali rappresentativi di almeno 100.000 abitanti) o dei cittadini (almeno 50.000 elettori). Il proponente è sempre libero di aprire un dibattito pubblico quando lo ritiene necessario. QUANTO DURA: 4 mesi (prorogabili di ulteriori due mesi nel caso di comprovata necessità). Il dibattito pubblico è preceduto da una fase dedicata alla progettazione del processo decisionale della durata massima di 3 mesi. COME SI SVOLGE: il dibattito pubblico, organizzato e gestito in relazione alle caratteristiche dell’intervento e alle peculiarità del contesto sociale e territoriale di riferimento, consiste in incontri di informazione, approfondimento, discussione e gestione dei conflitti, in particolare nei territori direttamente interessati dall’opera e nella raccolta di proposte e posizioni da parte di cittadini, associazioni, istituzioni. CHI LO GESTISCE: il dibattito pubblico è gestito da una figura indipendente che svolge il proprio compito in autonomia e coordina le proprie attività con il proponente dell’opera e il Comitato di monitoraggio (formato dagli enti locali su cui insiste l’opera). COME VIENE SELEZIONATO IL RESPONSABILE DEL DIBATTITO PUBBLICO: il responsabile è selezionato dal proponente dell’opera attraverso procedure di evidenza pubblica che invita alla gara i soggetti idonei ricompresi nell’elenco dei fornitori elaborato dalla Commissione nazionale per il dibattito pubblico (soggetti di comprovata esperienza e competenza nella gestione di processi partecipativi, ovvero di gestione ed esecuzione di attività di progettazione e pianificazione in materia infrastrutturale, urbanistica e territoriale). COME SI CONCLUDE: il proponente, terminato il dibattito pubblico, ha tre mesi di tempo per presentare un proprio dossier conclusivo in cui evidenzia: la volontà o meno di realizzare l’intervento, le eventuali modifiche apportate al progetto e le ragioni che hanno condotto a non accogliere eventuali proposte. IL COMITATO DI MONITORAGGIO: il proponente non è lasciato solo durante il dibattito ma è assistito da un comitato di monitoraggio (composto dagli enti locali direttamente coinvolti dall’intervento) che ha il compito di: a) contribuire alla definizione delle modalità di svolgimento del dibattito pubblico; b) collaborare alla realizzazione e alla supervisione del dibattito; c) concorrere alla soluzione dei problemi e delle criticità che eventualmente si manifestino durante il dibattito; d) contribuire alla discussione e alla valutazione delle proposte emerse nel corso del dibattito pubblico. LA COMMISSIONE NAZIONALE PER IL DIBATTITO PUBBLICO: la Commissione è istituita presso il Ministero delle infrastrutture ed è formata da 13 componenti (2 per il Ministero delle Infrastrutture; 1 rappresentante per i Ministeri dell’Ambiente, Beni culturali, Sviluppo economico, Salute, Giustizia; 1 rappresentante per la Conferenza Stato Regioni, 1 per l’Unione delle Province Italiane e 1 per l’ANCI) + 3 esperti (nominati dal Ministro delle Infrastrutture su proposta della Commissione). La Commissione ha il compito di: monitorare il corretto svolgimento dei dibattiti pubblici; esprimere raccomandazioni e elaborare linee guida; gestire un proprio sito internet con tutta la documentazione relativa ai vari dibattiti; presentare alle camere, ogni 2 anni, una relazione sull’andamento dei dibattiti e proporre correttivi. MODALITÀ DI APPROVAZIONE DEL DECRETO: raccolte le osservazioni del Ministero dei Beni culturali e del Ministero dell’Ambiente il decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti viene inviato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che una volta valutato, viene inviato alle Camere per la raccolta delle osservazioni. Il decreto è inviato anche al Consiglio di Stato.]]>