Jessica Lyons Hardcastle Sembrava andasse a rilento la tendenza ad eliminare gli investimenti nel settore carbone: Bill Gates ha definito il disinvestimento “una falsa soluzione” e diverse università beneficiarie di sovvenzioni importanti tra le quali Harvard e MIT hanno scelto di non disinvestire. Ma la settimana scorsa al COP21, 350.org e Divest-Invest, due organizzazioni coordinatrici del movimento per il disinvestimento dai carburanti fossili, hanno annunciato che più di 500 istituti con asset per un valore complessivo di oltre 3,4 migliaia di miliardi di dollari hanno deciso una qualche forma di disinvestimento. In alcuni casi, i disinvestimenti sono parziali e la somma di 3,4 migliaia di miliardi di dollari rappresenta gli asset totali degli istituti, anziché la cifra disinvestita, la quale è di difficile determinazione date le disomogeneità delle rilevazioni. Secondo un recente rapporto Bloomberg, il disinvestimento non ha impatti negativi per le grandi corporation nell’energia elettrica e nell’oil&gas: ci si chiede quindi se si tratta semplicemente di una messa alla gogna. Un articolo di Christopher Helman su Forbes dice di no, e afferma che un’idea migliore sarebbe di sfruttare le bancarotte nel settore del carbone per acquistare le miniere a buon mercato e chiuderle definitivamente. Così spiega Bill Gates in un’intervista a The Atlantic magazine criticando il disinvestimento: “Se credete che il solo disinvestimento sia la soluzione, temo che stiate sfruttando il desiderio della gente di risolvere il problema, utilizzando il loro idealismo e i loro sforzi per qualcosa che non servirà ad emettere meno CO2 – sono poche le persone che detengono azioni nelle società attive nel petrolio e nel carbone.”. A Microsoft, l’impegno interno sul CO2 ha fatto ridurre le emissioni aziendali di 7,5 milioni di tonnellate in tre anni, per un risparmio annuo di oltre 10 milioni di dollari. Perché allora gli investitori aziendali continuano a disinvestire? L’abbiamo chiesto a Dignity Health, una rete di oltre 400 centri di cura in 21 stati. A COP21, Dignity Health ha annunciato la propria intenzione di alienare i propri investimenti nel settore del carbone per caldaie e di aumentare gli investimenti a favore della sostenibilità. Il programma Dignity riguarda inizialmente gli investimenti negli Usa dato che “un disinvestimento di larga scala potrebbe avere impatti negativi su comunità vulnerabili”, dice Shelly Schlenker, responsabile politiche pubbliche, difesa e affari governativi a Dignity Health. “Il nostro programma indica la complessità di un impegno per la sostenibilità che non abbia effetti avversi per le popolazioni più deboli”. Commentando la tesi che il disinvestimento non ha senso o che non è utile per l’ambiente, Schlenker osserva che lo screening restrittivo – come quello appena introdotto per limitare futuri investimenti nel settore carbone – contribuisce a far sì che Dignity Health non tragga profitto da aziende che distruggono l’ambiente. “Mentre Dignity Health ritiene che la tutela e l’impegno sociale siano i mezzi più efficaci per generare cambiamenti importanti su diversi temi ambientali, sociali e di governance, fa ricorso allo screening restrittivo in altre aree dove non vuole trarre profitto da attività che possono nuocere alle persone o all’ambiente. Siamo convinti che il cambiamento climatico e le relative implicazioni per la salute rappresentino una minaccia per la salute. Abbiamo scelto il settore del carbone per caldaie perché questo è la maggiore fonte di emissioni di CO2 e un fattore significativo del surriscaldamento globale”. Anche il sistema sanitario si sta attivando per ridurre le emissioni e l’impronta ambientale, impegnandosi ad aumentare l’utilizzo dell’energia rinnovabile fino al 35{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} e a ridurre le emissioni del 40{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} entro il 2020. Alla fine del 2014, assieme a Facebook, Autodesk e altre grandi corporation ed enti governativi, Dignity Health ha firmato un’intesa secondo la quale i propri acquisti di mobili saranno orientati verso prodotti senza sostanze chimiche autoestinguenti tossiche. Nel mese di giugno, assieme ad altre imprese americane con un potere di acquisto e di investimento complessivo pari a oltre 50 miliardi di dollari, ha annunciato che avrebbe imposto come obbligo ai venditori, fornitori e produttori, l’utilizzo di uno strumento nuovo che misura le quantità di sostanze chimiche tossiche nei prodotti e nei processi produttivi, nell’ambito del Chemical Footprint Project. La decisione di eliminare gli investimenti nel settore del carbone per caldaie si collega a queste azioni, dice Schlenker. “Siamo orgogliosi di quanto facciamo sul fronte del cambiamento climatico e continueremo a favorire strategie aggressive che porteranno direttamente a una riduzione del rischio alla salute pubblica. Ci auguriamo che i nostri sforzi siano di stimolo per altri operatori nel settore della sanità, affinché rivedano le proprie politiche ambientali”. Fonte: http://www.environmentalleader.com/2015/12/09/is-carbon-divestment-just-useless-public-shaming/#ixzz3u0hduajl]]>