Gli ultimi sviluppi degli standard ESRS: una guida

26 Nov, 2024 | Focus Mondo

ESRS - i nuovi standard europei per rendicontare

Sfide e opportunità per le aziende tra materialità, obblighi di disclosure e revisione.

Gli European Sustainability Reporting Standards – in amicizia ESRS, adottati ufficialmente dalla Commissione Europea, rappresentano un punto di svolta per la rendicontazione di sostenibilità delle aziende nell’Unione Europea. Oltre a promuovere trasparenza e comparabilità, gli ESRS pongono nuove sfide legate alla selezione dei temi materiali, al rispetto dei data points obbligatori e all’integrazione di impatti, rischi e opportunità nei report. Come altre novità introdotte dalla CSRD, l’ultima normativa europea in fatto di reporting di sostenibilità, questi standard  introducono responsabilità inedite per le imprese.

Un approccio basato sui temi materiali

Uno degli aspetti chiave degli ESRS è l’obbligo di selezionare gli standard sulla base dei temi materiali individuati dall’azienda. La doppia materialità, con un approccio che combina gli aspetti inside-out (impatti dell’azienda sull’esterno) a quelli outside-in (impatti finanziari sull’azienda), guiderà la scelta delle disclosure, ossia dei dati da inserire nella rendicontazione.

Tuttavia, ci sono cluster di standard che dovranno essere comunque rendicontati, come:

  • Cambiamento climatico (ESRS E1)
  • Forza lavoro (ESRS S1)

A meno che non si possa dimostrare, con dati chiari, che l’organizzazione non ha alcun impatto su questi aspetti, non sarà consentito omettere tali informazioni. Di fatto, questa eccezione sarà rara: la prassi normativa scoraggia fortemente omissioni su temi chiave come il clima e i lavoratori.

Gli ESRS prevedono due standard trasversali, quindi indipendenti da settore e tipologia di impresa, denominati “requisiti generali” (ESRS 1) e “informazioni di carattere generale” (ESRS 2) che riguardano i temi da trattare e le metodologie da adottare per il reporting, in generale. Vengono approfonditi, ad esempio, il concetto di doppia materialità, la misurazione della catena del valore e le metriche da utilizzare.

A seguire, i topical standard, ovvero una lista di dieci temi da toccare, suddivisi nelle tre categorie ESG (5 standard dedicati all’Environment/Ambiente, 4 al Social/Sociale, 1 alla Governance). Questi vanno affrontati nella loro interezza, che comprende anche i loro sub-topic, sulla base della materialità dell’azienda. Nella sezione dedicata all’ambiente vi sono standard relativi alla gestione del cambiamento climatico (E1), all’inquinamento (E2), all’utilizzo dell’acqua e delle risorse marine (E3), alla tutela della biodiversità e degli ecosistemi (E4), al tema delle risorse e dell’economia circolare (E5). In “Sociale”, le linee guida riguardano i lavoratori interni all’organizzazione (S1- denominati Forza lavoro propria), i lavoratori della catena del valore (S2), le comunità interessate (S3) e i consumatori e utenti finali (S4). Infine, lo standard dedicato alla Governance (G1) riguarda la condotta di Business.

Il peso della completezza: rispetto dei data points obbligatori

Una volta selezionata una disclosure, le aziende saranno tenute a rispettare tutti i data points obbligatori richiesti dallo standard. Questo significa che ogni informazione, da quelle qualitative a quelle quantitative, deve essere fornita o, in alternativa, verificata e giustificata in caso di esclusione.

Per ogni disclosure andranno inoltre riportati:

  • I (Impatti): Effetti dell’organizzazione sull’ambiente o sulla società.
  • R (Rischi): Potenziali rischi ESG che possono influenzare l’azienda o i suoi stakeholder.
  • O (Opportunità): Vantaggi o possibilità derivanti dalle pratiche ESG.
  • Governance: Il modo in cui l’azienda gestisce questi aspetti, dalle politiche ai processi decisionali.

Questo approccio integrato punta a offrire una visione completa e trasparente, ma comporta una complessità gestionale significativa, soprattutto per le imprese meno strutturate.

L’obbligo della revisione: un’ulteriore sfida

Un’altra novità cruciale degli ESRS è l’obbligo della revisione esterna delle informazioni fornite nei report di sostenibilità. I revisori non si limiteranno a validare i dati, ma verificheranno anche la coerenza e il rispetto delle regole, aggiungendo un ulteriore livello di responsabilità per le aziende.

Una nuova era per la comunicazione con gli stakeholder

Chi si occupa di consulenza ora ha il compito di rendere questo framework il più chiaro possibile, senza perdere di vista l’obiettivo principale di una informativa di sostenibilità: comunicare efficacemente con gli stakeholder. I report di sostenibilità non devono essere solo un obbligo normativo, ma uno strumento strategico per costruire fiducia e dialogo con investitori, clienti, comunità locali e altri interlocutori chiave.

Gli ESRS non sono solo un esercizio tecnico, ma un’opportunità per le aziende di dimostrare impegno verso una sostenibilità autentica e strategica, ben integrata nei piani industriali e nei processi aziendali. Sebbene l’implementazione comporti sfide legate alla complessità dei dati e agli obblighi di revisione, rappresenta anche un’occasione unica per migliorare la trasparenza, rafforzare la governance e consolidare il dialogo con gli stakeholder. Prepararsi adeguatamente, con il supporto di esperte ed esperti, sarà fondamentale per affrontare questa transizione con successo.

Giulia Devani