700 dipendenti pubblici (e 100 privati) intervistati da Forum della Pubblica Amministrazione nell’ambito dell’indagine “pratiche di consumo sostenibile a lavoro” assegnano infatti un voto medio di 4.9 alle proprie amministrazioni in merito alla sostenibilità delle politiche messe in atto. Tra i vari enti le Regioni ricevono il giudizio migliore (ma ampiamente al di sotto della sufficienza, 5.3) sugli standard di sostenibilità. Eppure, proprio come si diceva poc’anzi, è proprio dalla PA che potrebbe partire la green revolution. L’Italia è infatti il primo paese ad aver reso obbligatorio il Green Public Procurement (l’approvvigionamento di beni) attraverso l’inserimento di un codice specifico nel nuovo codice degli appalti (Decreto legislativo 50/2016). Il decreto obbliga le PA ad integrare nei documenti di gara i contenuti del Cam, i criteri ambientali minimi per tipologie di prodotto e di servizio. In altre parole se una stazione appaltante manca a questo obbligo è possibile per un’azienda far ricorso al Tar. Certamente un grande passo in avanti che però da solo non garantisce un impatto “rivoluzionario”. I consumi della Pa equivalgono, infatti, a poco meno del 17{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} del Pil nazionale. Ai pur lodevoli sforzi della Pa italiana, sarebbe forse di grande aiuto se anche tutta l’imprenditoria privata si dotasse di uno standard di green procurement, per massimizzare gli sforzi in vista di un vero e proprio cambio di prospettiva nei consumi. Un recente studio promosso da Conlegno in occasione dell’Earth Day del 22 aprile scorso, evento che dal 1970 sensibilizza l’umanità al rispetto dell’ecosistema, ci consegna dati rincuoranti per l’imprenditoria italiana in chiave green: oltre il 70{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} del campione di 150 imprenditori selezionati in varie città italiane, ha affermato che il 2017 è stato l’anno dell’adozione di politiche e azioni concretamente ecosostenibili in azienda per contenere le emissioni inquinanti o di comportamenti più sostenibili, dai vertici fino ai dipendenti. Nel dettaglio gli imprenditori hanno affermato che tali azioni si sono concretizzate in investimenti nell’innovazione dei macchinari (44{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}) e nell’installazione di pannelli solari per generare energia pulita (37{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}). Ma anche azioni più semplici, come la raccolta differenziata in ufficio (51{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}) e l’abbassamento dei termosifoni (45{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}): sempre più imprese si sono messe all’opera per dare un contributo. Tra i vantaggi maggiori, gli imprenditori rilevano un ambiente di lavoro più sano e sereno (87{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}), un risparmio economico sul medio e lungo termine (73{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}) e un incremento della reputazione dell’azienda in ottica Csr (62{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}). Una vera e propria tendenza che coinvolge principalmente le imprenditrici rispetto ai colleghi uomini: tra le donne infatti la percentuale sale all’80{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}, soprattutto nelle grandi aree industriali del Centro-Nord. Ma quali sono questi comportamenti “green” che gli imprenditori italiani stanno per mettere in atto? Al primo posto, l’obbligo in azienda di fare la raccolta differenziata (51{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}); al secondo, tutti quegli accorgimenti che permettono di ridurre l’impiego d’energia, come abbassare i termosifoni o chiudere porte e finestre se è attivato il condizionamento dell’aria (45{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}). Medaglia di bronzo invece per gli investimenti in macchinari e strumentazioni con classe energetica A o a minor impatto inquinante (44{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}). Chiudono la top 5 l’installazione di pannelli solari o altri dispositivi per generare energia pulita (37{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}) e l’acquisto da fornitori e produttori che dispongono di adeguate certificazioni che garantiscano la sostenibilità dei prodotti acquistati (34{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}). Tra le motivazioni principali che spingono ad adottare politiche green nelle aziende vi sono anche intangibles dall’indubbio valore, come creare un ambiente di lavoro più sano e sereno (87{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}) migliorare la reputazione dell’azienda in ottica Corporate Social Responsibility (62{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}). Ma lungo la strada della sostenibilità si incontra anche qualche ostacolo. Ad esempio, il 48{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} degli imprenditori ritiene che Governo e amministrazione locali dovrebbero favorire l’investimento in nuovi macchinari e strumenti ‘green’ con sgravi fiscali e sovvenzioni. Il 35{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} lamenta poca collaborazione di parte dei dipendenti a mettere in atto semplici accorgimenti (dalla raccolta differenziata allo spegnimento di luci e pc) o sottolinea l’elevato costo di alcuni prodotti certificati o realizzati con materiali di recupero (22{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}). Infine, ecco l’identikit dell’imprenditore “green” italiano. L’80{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} delle donne e il 64{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} degli uomini ha dichiarato di aver già messo in pratica, o ha intenzione di farlo, atteggiamenti sostenibili per la propria azienda e per i dipendenti. Tra di loro la maggior parte è under 45 (85{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}), mentre la percentuale scende al 59{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} tra i 46 e i 70 anni. Il fenomeno, più marcato nelle grandi città del Centro-Nord, vede in testa gli imprenditori dell’area di Milano (77{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}), seguita nella top 5 da Roma (75{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}), Torino (74{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}), Bologna (72{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}) e Napoli (68{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}).]]>