I nuovi standard europei per il reporting di sostenibilità (ESRS) in che direzione stanno andando?

26 Giu, 2023 | Focus Mondo

Schermo pc con icone ESG e di sostenibilità

La bozza proposta dall’EFRAG, l’ente tecnico incaricato, è già cambiata in maniera sostanziale. Ora si apre una nuova consultazione.

Il primo set dei nuovi standard europei per il reporting di sostenibilità è (quasi) qui. Il contesto è quello della CSRD, la nuova direttiva UE approvata a fine 2022 che intende portare il reporting di sostenibilità a un nuovo livello, ampliando la platea delle imprese tenute a rendicontare, dando dignità e riconoscimento al processo, strutturandolo attraverso un metodo rigoroso e metriche di valutazione aggiornate e condivise. In questo panorama, l’EFRAG – acronimo di European Financial Reporting Advisory Group – è stato incaricato dalla Commissione Europea di elaborare quelli che diventeranno i nuovi standard per il reporting di sostenibilità in Europa. Sono gli ESRS, altro acronimo che sta per European Sustainability Reporting Standard. E già sulla prima bozza si è aperto il dibattito.

Il primo draft con gli standard sector-agnostic, validi per tutte le imprese

Nell’estate 2022, in anticipo rispetto all’approvazione della direttiva, l’EFRAG aveva già aperto la prima bozza degli standard a una consultazione pubblica da parte delle imprese europee, con l’obiettivo di ricevere un primo feedback e ottimizzare il testo. Il draft era relativo ai cosiddetti standard sector-agnostic, ossia le metriche dedicate a tutti i tipi di impresa, senza alcuna differenza di settore. Come abbiamo raccontato qui, in questa occasione erano già emerse delle perplessità in merito all’eccessivo rigore degli standard e alla grande complessità dei documenti, composti da centinaia di requisiti. Partendo dalle richieste di cambiamento e dagli spunti emersi durante la consultazione, l’EFRAG ha rielaborato il documento, che è arrivato così a fine 2022 sul tavolo della Commissione Europea.

Su questa versione la Commissione ha lavorato e apportato numerose modifiche. Il 9 giugno il primo set di standard ESRS è stato aperto a una nuova consultazione, della durata di quattro settimane, con l’obiettivo di essere approvato entro la fine di luglio. Una bella corsa, per rendere effettivi i nuovi standard a partire dal 1° gennaio 2024.

Le modifiche della Commissione agli standard europei per il reporting di sostenibilità

Sono essenzialmente tre gli ambiti in cui la Commissione è intervenuta.

  1. Materialità.

Premessa. La CSRD adotta un approccio di doppia materialità (qui il nostro focus), più approfondito e dinamico rispetto al processo classico. Le modifiche della Commissione intendono rafforzare ulteriormente gli aspetti di materialità all’interno della rendicontazione. Come? Rendendo quasi tutti i requisiti di disclosure e i datapoint all’interno di ogni standard soggetti a una valutazione di rilevanza da parte dell’organizzazione. Vengono esclusi dall’assessment di materialità gli standard ESRS 2, ossia quelli relativi alle “Informazioni generali”.

Un’altra importante novità è che, secondo l’ultima bozza, se un tema di sostenibilità non è considerato materiale dall’organizzazione, scompare l’obbligo di motivare l’omissione. Questo alleggerisce il processo delle aziende e anche il documento finale.

  1. Semplificazione e introduzione graduale di alcuni requisiti

La CSRD è impostata secondo fasi di applicazione: le organizzazioni interessate dalla direttiva sono divise in grandi gruppi che a scaglioni e gradualmente rientreranno nell’obbligatorietà. Guidano le imprese che già erano obbligate a rendicontare, seguono quelle di grandi dimensioni, fino ad arrivare come ultimo step alle Pmi quotate.

La Commissione ha rafforzato la gradualità nell’applicazione della normativa, con l’obiettivo di supportare soprattutto le piccole organizzazioni e quelle che rendicontano per la prima volta. Le imprese con meno di 750 dipendenti potranno omettere i dati sulle emissioni di Scope3 – quelle relative alla value chain – durante il primo anno di applicazione. Queste imprese saranno giustificate nei primi due anni anche a non rendicontare rispetto agli standard relativi alla biodiversità, ai lavoratori della catena del valore, alle comunità impattate e ai consumatori finali. Inoltre, tutte le organizzazioni potranno omettere nel primo anno di rendicontazione gli effetti finanziari relativi a questioni ambientali non climatiche (come inquinamento, acqua, biodiversità e uso delle risorse), e alcuni dati relativi alla forza lavoro. Si tratterà anche qui di informazioni volontarie.

  1. Maggior integrazione con gli standard di sostenibilità IFRS

 Un’altra delle caratteristiche della CSRD è il grande sforzo fatto per armonizzare quadri di riferimento e standard di rendicontazione internazionali, in modo da inserirsi in un panorama solido, riconosciuto, diffuso. Le ultime modifiche della Commissione vanno in questa direzione: l’obiettivo è rafforzare l’interoperabilità con gli standard per la sostenibilità IFRS. IFRS è sinonimo di International Financial Reporting Standards: si tratta dei principi contabili internazionali adottati a livello europeo. Naturalmente, anche questo framework ha sviluppato degli standard relativi ai temi di sostenibilità.

Questi cambiamenti intendono evitare ogni tipo di conflitto tra l’adozione degli standard europei per il reporting di sostenibilità e delle metriche IFRS, nel caso un’organizzazione volesse adottarle.

Il panorama che si apre per le imprese

Rispetto alle primissime versioni elaborate dall’EFRAG, la Commissione sembra stia lavorando per rendere più semplice il passaggio delle imprese a questo nuovo approccio di rendicontazione. L’ultima proposta relativa agli ESRS punta, infatti, su una maggiore flessibilità – relativa sia ai tempi di adozione che alle informazioni da inserire. Questo non ci deve trarre in inganno: l’impatto della CSRD sui processi interni aziendali sarà profondo e andrà gestito con fermezza.

La direttiva rafforza in maniera sostanziale la trasparenza dell’attività di reporting, sia rispetto alle attività interne che alla value chain. La mole dei dati cresce, richiedendo nuovi processi di raccolta e sistematizzazione. Il coinvolgimento degli stakeholder diventa prioritario per dare valore e coerenza alle informazioni rendicontate. Il concetto di materialità si espande, configurandosi come processo sempre più sfidante ma indispensabile. Quel che è certo è che la Commissione Europea si è fatta carico delle preoccupazioni delle imprese, vere protagoniste di questa transizione, e sta provando a supportarle nella fase di passaggio.

Giulia Devani