Il “Forum della Buona Comunicazione” per affrontare i dilemmi dello sviluppo sostenibile
Il tema della comunicazione responsabile è stato al centro dell’evento corale che si è tenuto durante l’edizione 2023 di Ecomondo. Il forum ha riunito aziende, comunicatori, giornalisti, climatologi, gestori del servizio pubblico, in una tavola rotonda sulle sfide che attendono la comunicazione ambientale. Sullo sfondo, la proposta di Global Alliance di aggiungere un 18° SDG all’agenda 2030 dell’ONU. Articolo di Guido Ruffinatto, uscito sul numero speciale di dicembre di CSRoggi.
Che ruolo può e deve giocare la comunicazione per supportare la transizione verso un modello di sviluppo più sostenibile e raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030? Un ruolo centrale secondo Global Alliance, l’organizzazione che riunisce alcune delle più importanti associazioni nazionali di relazioni pubbliche, tra cui l’italiana Ferpi. Global Alliance ha sottoposto alle Nazioni Unite una petizione per includere un diciottesimo obiettivo di sviluppo sostenibile nell’agenda 2030: quello della comunicazione responsabile. Da questa proposta, che ridona centralità alla comunicazione, prende avvio il primo Forum della Buona Comunicazione, curato da FERPI, Ecomondo e Ferpi e suddiviso in due diversi panel.
Forum della Buona Comunicazione: gli interventi
Il primo panel
Il primo, “Credere e agire: cosa pensano e cosa fanno le persone”, moderato da Sergio Vazzoler – partner Amapola e coordinatore della commissione dedicata alla comunicazione responsabile di FERPI – ha visto l’intervento introduttivo di Serena Giacomin, meteorologa, presidente di Italian Climate Network. Giacomin, in collegamento video, ha ribadito come la comunicazione «debba essere veritiera e ancorata ai fatti» per ridurre la distanza e aiutare l’attuazione di comportamenti virtuosi. Una comunicazione chiara e semplice, «può contribuire a mitigare danni e ridurre il numero di vittime in caso di eventi climatici estremi, chiarendo la sostanziale differenza fra pericolosità e rischio, e aiutando le persone ad attuare comportamenti di autoprotezione civile».
Francesco Corvaro, inviato speciale dei ministeri dell’Ambiente e degli Esteri per il cambiamento climatico, ha ribadito che la comunicazione è fondamentale per trasferire alle persone il senso di urgenza connesso al cambiamento climatico stesso. «Abbiamo mezzi e strumenti per mitigare il cambiamento in atto, ma non riusciamo ad applicarli efficacemente né tantomeno a coinvolgere le persone, che sono tuttora polarizzate su posizioni contrapposte di negazionismo o di attivismo. È necessaria invece una comunicazione corretta, che svolga un ruolo educativo, e che crei le condizioni per una diplomazia climatica efficace».
Vittorio Cino, direttore di Centromarca, l’associazione italiana dell’industria di marca, ha invece portato il punto di vista dei brand di largo consumo, per i quali «la sostenibilità è ormai un prerequisito competitivo». Cino si è anche soffermato sul rischio della polarizzazione sociale che caratterizza il dibattito pubblico sul cambiamento climatico: «scoraggia la comunicazione aziendale. Le aziende devono partecipare al cambiamento e comunicarlo all’opinione pubblica, coinvolgendo in questo processo tutta la propria filiera».
Elisa Flamini, sustainability manager dell’agenzia di comunicazione Green Media Lab, proseguendo il ragionamento sulle imprese, ha chiarito che «secondo uno studio del 2020 della Commissione Europea il 53% degli statement ambientali, è fuorviante quando non falso. Ma attenzione: le aziende giocano un ruolo fondamentale nell’ispirare e guidare il cambiamento. L’83% dei consumatori si aspetta che siano proprio loro a fare il primo passo».
Alessandro Armillotta, founder e CEO A-World, ha riportato l’attenzione sui singoli individui mettendo in guardia contro il rischio che deriva dal «disimpegno morale delle persone. Se non comunichiamo con chiarezza i temi complessi della transizione ecologica, se non spieghiamo bene cosa un singolo individuo può fare, e che impatto può avere, mancheremo il risultato».
Valentina Bolis, responsabile comunicazione di Saviola Holding, ha centrato il proprio intervento sull’interconnessione fra comunicazione e sostenibilità: «le imprese devono per prime dare il buon esempio e devono comunicarlo con efficacia per ispirare il cambiamento. Fare e comunicare devono coincidere».
Matteo Colle, direttore Relazioni esterne e Sostenibilità del Gruppo CAP, ha portato l’esperienza del gestore del servizio idrico integrato della Città Metropolitana di Milano: «compito della comunicazione è governare la complessità e semplificarla. In questa semplificazione la comunicazione crea lo spazio necessario perché il cittadino possa agire».
Il secondo panel
Il secondo panel, “La verità e l’inganno: la responsabilità della comunicazione”, moderato da Fiorella Corrado, capo Ufficio Stampa e Comunicazione del ministero dell’ambiente, ha posto ancora più chiaramente l’attenzione sul rischio di una comunicazione opaca, non supportata da dati concreti e verificati.
Emiliano Fittipaldi, direttore di Domani, ha aperto la discussione illustrando il compito dei media nel guidare il dibattito pubblico («per cui la transizione ecologica è centrale»). Secondo Fittipaldi i media devono attuare «una comunicazione trasparente e concreta, e aiutare l’opinione pubblica a discernere fra fatti e opinioni e a preferire una comunicazione suffragata da elementi scientifici, piuttosto che una fondata su credenze». Senza giri di parole Fittipaldi ha anche messo in luce il caso specifico dei media italiani: «negli ultimi 20 anni il giornalismo è sempre stato considerato un servizio gratuito. Questo ha esposto i media, che devono garantirsi una sostenibilità economica, al finanziamento di grandi gruppi industriali. Questo finanziamento, e gli interessi che vi sono dietro, ha annacquato pericolosamente la radicalità di cui ha bisogno la comunicazione intorno al climate change».
Roberto Natale, giornalista e direttore di Rai per la sostenibilità – ESG, ha spiegato il ruolo del servizio pubblico nel favorire la comprensione di temi complessi da parte della popolazione, «un compito che abbiamo voluto inserire con chiarezza nel nostro contratto di servizio». Attraverso una comunicazione semplice e inclusiva, una comunicazione “pop”, veicolata da programmi che si rivolgono a un target familiare, «il servizio pubblico semplifica temi complessi e li porta a un pubblico più vasto ogni giorno».
Tommaso Perrone, direttore LifeGate, ha nuovamente chiamato in causa i media: «il cambiamento climatico non è in discussione. I media devono però usare le parole giuste, affidarsi a fonti affidabili e dati concreti, e calibrare il linguaggio in base al medium in uso».
Fabio Iraldo, professore ordinario di Management alla Scuola Sant’Anna di Pisa, è tornato sulle imprese e sul ruolo che giocano con la loro comunicazione, un ruolo «sempre a rischio di ambiguità, perché anche la comunicazione è guidata dall’obiettivo primario di vendere», chiarendo però che il greenwashing di cui spesso sono tacciate le organizzazioni private «nasce più dall’inconsapevolezza che dal dolo. Per questo è vitale ridare centralità all’etica e dotarsi di norme come quella recente sui Green Claims dell’Unione Europea».
Marzia Mastrogiacomo, Senior Strategy Advisor di B-Lab, ha portato l’esempio virtuoso delle società benefit e delle B-Corp, che in virtù degli obblighi statutari, attuano una comunicazione più precisa e concreta dell’agire sostenibile.