CRED (Centre for Epidemiology of Disaster) non lasciano adito a dubbi: il cambiamento climatico non è solo una questione ecologica, ma anche economica. Nel corso del 2016 411 milioni di persone sono state colpite da disastri provocati da catastrofi naturali. Un numero 4 volte superiore al 2015, quando le persone colpite erano state 98 milioni. A livello globale sono stati 301 i disastri naturali che hanno interessato 102 paesi, provocando 97 miliardi di dollari di danni economici. «L’aumento delle temperature, lo scioglimento dei ghiacci in Antartide, l’innalzamento del livello del mare, la siccità, la desertificazione, non sono problemi futuri, ma una realtà da prendere in considerazione oggi. Il cambiamento climatico non riguarda infatti solo l’Ambiente, ma anche la stabilità stessa dei nostri governi, delle nostre economie, della nostra salute e il luogo in cui viviamo», dice Alessandra Fantuzi, coordinatrice di Agire, il network di 9 Ong di risposta all’emergenze. «Nel 2016 – aggiunge – si sono registrati oltre 24 milioni di nuovi sfollati ambientali, persone che hanno dovuto abbandonare le loro case a causa di disastri naturali e cambiamenti climatici. Solo attraverso la prevenzione e il lavoro di protezione e educazione delle comunità più fragili è possibile ridurre le vittime e i danni». (Fonte: www.meteoweb.eu) Nel 2016 l’India è stato il paese in cui le catastrofi naturali hanno colpito il maggior numero di persone. Siccità, ondate di calore, inondazioni hanno distrutto i raccolti e affamato 311 milioni di persone. Siccità che colpisce anche il nostro paese, dove è emergenza dichiarata in 10 regioni (questa volta non serve contemplare la foto dell’orso polare che vaga su un pack ormai disgregato: Pian del Re in secca, alle pendici del Monviso, è un’immagine vicina, concreta, familiare). Le crisi naturali si trasformano in crisi umanitarie e la mancanza di cibo costringe milioni di persone, più della guerra, a lasciare i propri paesi (come ben evidenza questo articolo de Il Sole 24 Ore). Che ruolo per il mercato? Cosi come lo sviluppo economico e la crescita esponenziale hanno – di fatto – cambiato il clima, con la loro azione sui gas serra, sui territori, sulle foreste e sui mari, così è forse proprio dal mercato che può venire una risposta positiva in grado di arrestare ed invertire il trend. Una ricerca di AIAF (Associazione Italiana Analisti Finanziari) mette in luce chiaramente che il mercato ha iniziato a capire che investire senza tenere in considerazione la sostenibilità ambientale delle performance industriali è controproducente: «Oggi viviamo -spiegano Andrea Gasperini, responsabile progetto Mission Intangibles di Aiaf, e Federica Doni, ricercatrice del dipartimento di Economia aziendale dell’Università Bicocca- in un mondo dove gli aspetti ambientali, sociali, la governance e la sostenibilità stanno acquisendo sempre più attenzione; sono argomenti ormai diventati mainstream e le aziende stanno riscontrando un vero interesse anche da parte degli investitori istituzionali che hanno una visione di lungo termine quali ad esempio i fondi pensione, i fondi sovrani, le compagnie di assicurazione e più recentemente anche gli ordini religiosi». La creazione di valore giustifica investimenti a lungo termine e spinge gli investitori a preferire quelle aziende la cui gestione prevede strategie – ad esempio – di disinvestimento dai combustibili fossili, che non sono causa di alte emissioni di gas serra (leggi anche questa nostra traduzione da www.environmentalistonline.com) Per questo una rendicontazione chiara e completa anche sulle informazioni non finanziarie si fa sempre più necessaria, divenendo un importante driver per orientare le scelte di investimento. «La conclusione alla quale il nostro studio giunge -sostiene Andrea Gasperini, responsabile gruppo di lavoro ‘Mission Intangibles’ di Aiaf- è che il trend green è oramai inarrestabile e che, qualsiasi sia la retorica politica, il cambiamento climatico indiscutibilmente influenzi le decisioni di investimento in tutti i settori finanziari con investitori che tengono sempre più in considerazione la creazione di valore, la sostenibilità, i fattori ambientali, sociali e la governance e i rischi climatici».(fonte: ADNKronos )]]>