L’emergenza ambientale cinese sbarca al World PR Forum di Madrid. Peggy Liu, Presidente di JUCCCE (la Joint U.S. China Collaboration on Clean Energy) e tra i massimi esperti globali di sostenibilità, è stata la protagonista della sessione plenaria “the communication challenge” del 22 Settembre.
Riportiamo qui un suo recente intervento dedicato alla sfida green made in China tra emergenze e opportunità.

“Sono molto felice di essere qui, perché l’aria è respirabile”, dice Peggy Liu mentre sale sul palcoscenico di TED2014. Liu abita in Cina, dove comincia la sua giornata non guardando l’orologio ma controllando sullo smartphone i livelli di inquinamento atmosferico, per decidere se i figli dovranno indossare maschere filtranti. A Bruxelles nel Belgio, se l’indice della qualità dell’aria raggiunge 50, la circolazione del traffico viene fermata. In Cina, invece, dice Liu, a volte l’indice sale a 500—il punto estremo della scala—e anche oltre.

L’inquinamento non conosce i confini nazionali, il problema della Cina riguarda tutti”, afferma Liu. “Ciò significa per tutti noi che le decisioni prese dalla Cina nei prossimi anni impatteranno sul mondo nei prossimi millenni”.

L’urbanizzazione della Cina procede a passo incredibilmente spedito. Nei prossimi 20 anni, secondo le stime, 350 milioni di persone andranno a vivere nelle città, uno spostamento che Liu definisce “la più grande migrazione di animali mai vista al mondo”. Sotto molto aspetti, è un fenomeno positivo, che consentirà ai bambini di frequentare una scuola vicina a casa e agli adulti di trovare lavoro. Ma è un fenomeno che avrà costi ecologici. La Cina edificherà 2 miliardi di m2all’anno – l’equivalente di tutti gli edifici esistenti in Canada, aggiunge Liu. Nel frattempo, le emissioni in Cina aumentano in modo spaventoso. Per descrivere il suo Paese, Liu usa la metafora di un adolescente in fase di sviluppo che è già grande come il giocatore di basket Yao Ming.

Liu cita Baoxing Qiu: “Il mondo ha indetto una guerra contro l’energia e la Cina è il campo di battaglia”. Secondo lei, potrebbe essere l’unico campo di battaglia che conti.

A suo avviso, la Cina deve compiere due passi per tenere tutto sotto controllo:

  1. Separare l’energia dalla crescita economica. La Svezia ci è riuscita, seppure su scala minore e con un reddito pro capite più alto.

  2. Separare le emissioni dalla produzione elettrica.

Le decisioni prese dalla Cina nei prossimi anni determineranno se ci troveremo in una zona climaticamente sicura o climaticamente disastrata”, dice Liu. Ma non vuole dipingere un quadro tutto nero. Osserva che la Cina ha destinato 277 miliardi di dollari per combattere l’inquinamento atmosferico e 333 miliardi contro l’inquinamento dell’acqua ed è già uno dei maggiori investitori al mondo nell’energia rinnovabile.

Infatti, sostiene Liu, la Cina ha sei vantaggi da sfruttare per diventare un’economia verde prima di tutte le altre.

  1. Il controllo centralizzato. Ciò significa che il Paese è in grado di effettuare cambiamenti infrastrutturali velocemente e su grande scala. Ad esempio, la Cina ha costruito la più grande rete ferroviaria ad alta velocità al mondo in pochi anni, mentre la California ci sta lavorando dagli anni ‘90. E la Cina ha proibito l’utilizzo dei sacchetti di plastica in tutto il paese quasi da un giorno all’altro.

  2. I decisori chiave sono poco numerosi. Al momento di realizzare una rete di distribuzione elettrica intelligente – una cosiddetta smart grid – il fatto che c’erano solo due utilities in Cina, rispetto ai 3.200 negli USA, costituiva un enorme vantaggio. La JUCCCE – la Joint U.S. China Collaboration on Clean Energy, di cui Liu è presidente – ha garantito il flusso di informazioni ai decisori, contribuendo alla decisione di investire 7 miliardi di dollari per la costruzione della .

  3. E’ un Paese disposto a imparare da altri. Le coalizioni internazionali attive in Cina possono fare grandi progressi. Come osserva Liu, il cambiamento su questo fronte dipenderà dal contributo di persone che arrivano dall’estero.

  4. E’ un Paese aperto alla sperimentazione. Liu nota che la Cina ha avviato prove pilota di mercati delle emissioni in sette regioni. Dice che si stanno provando soluzioni commercialmente fattibili e quelle che verranno giudicate positivamente verranno avviate in tutto il paese. “Da fabbrica del mondo, la Cina è diventata il laboratorio per le tecnologie verdi del mondo”, aggiunge Liu.

  5. E’ un Paese aperto al cambiamento. Ogni cinque anni, afferma Liu, la Cina diventa in effetti un paese nuovo. Con una classe media emergente di 800 milioni di persone, una delle sfide è di scoraggiare il desiderio per beni di lusso e promuovere quello che Liu chiama il “Sogno Cina”, con l’attenzione orientata più verso le famiglie che verso il consumo.

  6. E’ un Paese altamente motivato. La Cina ha meno risorse degli Usa ma deve sostenere una popolazione quattro volte più grande. Quindi, permanendo lo stato attuale, tra poco la stabilità economica e la sicurezza nazionale della Cina saranno in pericolo.

In Cina il cambiamento arriverà, dice Liu, per mezzo non di un’unica trasformazione, ma di quello che chiama la “tweakovation”—piccoli cambiamenti i cui effetti si accumuleranno velocemente grazie alle dimensioni della popolazione cinese. “Si potrebbe pensare che i problemi della Cina siano troppo grandi da risolvere, ma in virtù di questi sei vantaggi, la Cina è in grado di effettuare piccoli interventi mirati – che io chiamo ‘punti di agopuntura’”.

Perché tutto ciò succeda, ci vorranno gli sforzi di pensatori innovativi per identificare i punti di agopuntura, sviluppare rapporti con i decisori, costruire ponti culturali e dedicarsi allo storytelling per coinvolgere tutti quanti.

Ci vogliono solo pochi individui appassionati per realizzare dei cambiamenti trasformativi”, conclude Liu. “Quindi, vi chiedo, se siete frustrati dei piccoli cambiamenti che il mondo promuove in relazione al cambiamento climatico, perché non venite in Cina”?


Fonte: http://blog.ted.com/2014/03/18/chinas-pollution-problem-everyones-problem-peggy-liu-at-ted2014/