La sostenibilità al crocevia dei comportamenti: come orientare i consumatori verso scelte più responsabili?
Luisa Crisigiovanni, ex Segretario Generale di Altroconsumo e Fundraising Program manager per Euroconsumers, racconta come la consapevolezza da sola non basti: la scelta più sostenibile deve anche essere facile da praticare.
Come passare dalle buone intenzioni alle buone pratiche? L’attenzione dei consumatori è ormai altissima sui temi di sostenibilità – lo certificano ricerche e indagini ‒ e la domanda di prodotti attenti e responsabili, verso l’ambiente e la comunità, è in crescita costante. Una richiesta che si sposa bene con gli obiettivi e i piani dell’Unione Europea, dalla nuova Agenda dei consumatori alle recenti proposte di modifica alla Direttiva sui diritti dei consumatori e alla Direttiva sulle pratiche commerciali sleali.
Dopotutto, come ricordato da Didier Reynders, Commissario per la Giustizia, “La questione è semplice. Se non inizieremo a consumare in modo più sostenibile, non riusciremo a raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo”. Per consumare in modo più sostenibile, però, servono sì consapevolezza e informazioni corrette su beni e prodotti, ma è necessaria anche una concreta trasformazione delle abitudini di consumo di cittadini e consumatori. Ecco che così rientriamo nel complicato ambito dei comportamenti: quali sono gli strumenti per dare questo cambio di passo più che mai urgente e necessario?
«Orientare la spesa dei consumatori è essenziale per raggiungere l’obiettivo di una crescita intelligente, inclusiva e sostenibile» spiega Luisa Crisigiovanni, ex Segretario Generale di Altroconsumo, esperta di comunicazione e public affairs, che oggi per la famosa associazione dei consumatori e per Euroconsumers – Consumer’s Rights Organisation, network cui Altroconsumo appartiene, si occupa di europrogettazione. «Per farlo è importante dare risposte concrete alle esigenze e alle richieste dei consumatori, fornendo strumenti che davvero possano incidere sui comportamenti e le scelte di consumo».
La possibilità di fare la scelta giusta
«I consumatori devono essere messi in grado di compiere scelte sostenibili e sane che permettano di ridurre i costi, per sé stessi e per la società nel suo insieme nel medio termine» continua Crisigiovanni. «La domanda di prodotti sostenibili può favorire la crescita e la concorrenza, rendendo così più disponibili e accessibili tali prodotti, premiando le imprese che offrono beni e servizi di qualità con minore impatto ambientale. Ma sarà essenziale comunicare in modo chiaro ed efficace, diversamente i consumatori non percepiranno il valore e l’impatto che ogni atto d’acquisto può generare».
L’informazione corretta, affidabile, verificata e verificabile è sicuramente uno strumento utile per indirizzare le scelte di consumatori e consumatrici. Da sola, però, non è più sufficiente. L’ultimo progetto Altroconsumo finanziato dal ministero dello Sviluppo Economico si chiama, non a caso, RESSS, Rendiamo Semplici le Scelte più Sostenibili. È proprio qui il nocciolo della questione, rendere accessibile la scelta più migliore per le persone e il pianeta.
RESSS è un’occasione di divulgazione di buone pratiche sull’economia circolare, sulla promozione di atteggiamenti responsabili orientati alla condivisione più che al possesso, ma anche e soprattutto offrendo un servizio per orientare i consumatori sui numerosi Bonus messi a disposizione dal Governo.
«I consumatori vogliono risposte concrete ai loro bisogni legati alla riparabilità dei prodotti, alla loro durata, al loro smaltimento. Per questo le informazioni vanno calate nella vita di tutti i giorni e nelle esigenze quotidiane. Insomma, per incidere sui comportamenti dei consumatori, perché possano davvero contribuire con le loro azioni sul fronte della sostenibilità, serve una declinazione pratica dell’informazione».
La sostenibilità per i consumatori è digitale
Un esempio sempre dall’esperienza di Altroconsumo: la piattaforma MILE21 (altroconsumo.it), che, attraverso le informazioni raccolte dagli utenti di almeno tre rifornimenti di carburante, stima il consumo reale e le emissioni della propria automobile. Alle spalle, l’esperienza con il Dieselgate, lo scandalo sulle falsificazioni delle emissioni delle auto diesel del gruppo Volkswagen vendute negli Stati Uniti e in Europa, per il quale Altroconsumo ha avviato nel 2017 una Class Action. Vinta nel 2021.
Con Mile21, progetto finanziato dal programma Life, messo a punto con modelli matematici, il consumatore può capire se sta consumando più o meno rispetto a quanto dichiarato dal produttore. La piattaforma è stata sviluppata in sei lingue e rispettivi paesi (Belgio, Spagna, Italia, Portogallo, Nord Macedonia, Polonia) e dà anche informazioni utili sulle emissioni e suggerimenti su come migliorare il proprio stile di guida per risparmiare o selezionare un’auto che performa meglio della propria. Oggi sono registrare circa 11mila persone. Ma l’obiettivo è di andare oltre: Mile21 potrebbe essere un utile strumento per monitorare i consumi ed emissioni per chi gestisce le flotte aziendali oppure per le assicurazioni che volessero incentivare l’adozione di stili di guida green, con impatto sui premi. Anche così si facilitano i comportamenti virtuosi».
La comunicazione si fa quindi azione. «Il nuovo paradigma comunicativo passa dalla co-creazione allo sviluppo di servizi che si fondano sul contributo attivo degli utenti. Il consumatore diventa protagonista. E questo passaggio è fondamentale. Se la scelta migliore è anche quella più appropriata per il proprio stile di vita, o comunque funzionale alla risoluzione di un problema, allora diventa più semplice assumere comportamenti virtuosi che impattano meno sull’ambiente».
Sostenibilità e consumatori: alla disponibilità si affianca la diffidenza
Quando si parla di consumatori e scelte di consumo, non si può non parlare di greenwashing. Un fenomeno diffuso, che sfrutta per semplici motivi di marketing le buone intenzioni delle persone che vogliono contribuire con i loro acquisti a un mondo più pulito e sano. Perché se è verde vende di più. E in effetti le ricerche ci dicono che la sostenibilità di un bene o un prodotto è un importante requisito per i consumatori.
«La conferma viene anche da una nostra ricerca uscita a gennaio 2022, che ha coinvolto più di mille persone in Italia. Tra chi ritiene sia molto importante avere comportamenti ecosostenibili (63%) e chi li ritiene comunque di una certa importanza (33%), si arriva quasi alla totalità di intervistati convinti che la sostenibilità sia la scelta giusta. E anche quando si entra nel vivo dei comportamenti, un buon 40% dichiara di impegnarsi in azioni concrete, seguito da un 50% che ritiene di fare abbastanza. Per il 56% è abitudine controllare i requisiti di sostenibilità di quello che acquistano. E un dato davvero notevole riguarda la disponibilità a pagare di più per un prodotto con un minore impatto ambientale certificato: il 48% è d’accordo».
A questi dati positivi fa da contraltare la diffidenza. Secondo la metà degli intervistati i marchi e le promesse verdi sono frutto soprattutto di una strategia di marketing (50%). Oltre la metà trova poco chiari i loghi e gli slogan green e ben il 45% pensa che servano più che altro a far lievitare i prezzi dei prodotti che li riportano. E tra le persone che si dichiarano capaci di distinguere tra green claim fasulli e informazioni certe e verificate, un terzo ha notato pratiche di greenwashing acquistando determinati prodotti o servizi nell’ultimo anno.
Una questione di fiducia
La domanda per prodotti e beni più sostenibili c’è. «La vera questione è: l’offerta è pronta? I produttori sono pronti a rispondere a questo bisogno nuovo e a farlo senza tradire la fiducia dei consumatori? L’opportunità è unica» commenta Crisigiovanni.
È proprio in questo solco che si inseriscono le recenti iniziative dell’Unione Europea focalizzate da una parte a implementare gli obiettivi previsti dal Green Deal, dal piano sull’economia circolare, dal pacchetto Fit for 55 e dall’altra a garantire il rispetto dei diritti dei consumatori attraverso il fitness check della legislazione a tutela del consumatore.
«Questo aggiornamento delle normative esistenti, partito da una revisione delle linee guida sulle pratiche commerciali scorrette a dicembre, si focalizza sulla correttezza delle informazioni commerciali, con particolare focus sulla riparabilità e durabilità dei prodotti. I consumatori hanno diritto a un’informazione chiara su quanto dura un prodotto, sulle caratteristiche della garanzia commerciale, sul consumo, sull’indice di riparabilità, sulla disponibilità dei pezzi di ricambio, anche sul numero di aggiornamenti di software effettivamente disponibili. Ci siamo attivati anche su questi temi con il progetto PROMPT, sull’obsolescenza precoce, che, attraverso le segnalazioni di difetti di progettazione, mira a prolungare la vita utile dei prodotti, contribuendo alla transizione verso un’economia circolare».
Le mille declinazioni del greenwashing
Le vie del greenwashing sono infinite. Una dichiarazione è scorretta non solo quando è del tutto falsa ma anche quando riguarda solo un aspetto del prodotto, ad esempio il packaging e non il contenuto. Ma sono greenwashing anche tutte le situazioni in cui si gioca con la grafica, le immagini e il layout per attirare il consumatore e dare l’impressione di vendere un prodotto naturale: tattica che spesso funziona dato che siamo molto più istintivi e meno razionali di quello che pensiamo.
«Insomma, si sta cercando di mettere a fuoco e mappare ‒ anche a fronte della nuova sensibilità ambientale dei consumatori ‒ una serie di pratiche scorrette. Come omettere di informare il consumatore su una caratteristica che limita la durabilità del bene, quella che viene chiamata obsolescenza precoce. Oltre alle omissioni, sono molto diffuse le dichiarazioni generiche e non sostanziate da fatti o da elementi che possano davvero comprovare la sostenibilità di un bene. Anche da parte di quelle imprese che, magari, un percorso di sostenibilità lo hanno fatto davvero. Le informazioni, però, devono essere accessibili e trasparenti, ancora meglio se comprovate da una certificazione di terze parti».
Sull’accessibilità e la veridicità delle informazioni dei prodotti, Altroconsumo ha indagato con il progetto CLEAN, una ricerca sui detersivi in commercio. È emerso che in molti casi vengono taciute sostanze chimiche che andrebbero segnalate per legge; oppure che spesso le limitazioni di legge (ad esempio il divieto di utilizzo dei fosfati) sono “abusate” per veicolare claim green ingannevoli.
Un circolo virtuoso
Informazione, consapevolezza e azione. La sostenibilità, però, è anche dialogo e ascolto. «Analizzare come prodotti, offerte, cambiamenti vengono recepiti da cittadini e consumatori è un pilastro fondamentale per capire come orientare i consumi verso azioni più virtuose. Bisogna perciò testare cosa succede sul campo, raccogliere dati e feedback, sperimentare, verificare i risultati» spiega Crisigiovanni.
Perché sono proprio i risultati – la capacità, in poche parole, di rispondere in maniera efficace alle esigenze emerse – a fare la differenza. «Se l’impresa aggiorna in chiave sostenibile tutto il proprio eco-sistema – dalla progettazione alla distribuzione – anticipando e corrispondendo la nuova disponibilità verso prodotti più sostenibili, viene premiata dai consumatori. Aumentano così le vendite e questo porta a due conseguenze dirette: si abbassa il periodo di ammortamento degli investimenti per l’azienda e parallelamente, a causa della crescita della domanda, scende anche il prezzo». Insomma, un vero e proprio circuito virtuoso che si autoalimenta.
Il diritto di essere sostenibili
Questa possibilità di impattare meno con le proprie scelte di acquisto, di riciclare, di contribuire all’economia circolare riparando e prolungando la vita di un bene, fa parte della nuova frontiera di iniziative legislative racchiuse nella proposta di direttiva sulla responsabilizzazione dei consumatori nella transizione verde.
«Questo impegno normativo va supportato dalla ricerca tecnologica. Per arrivare a questo risultato si possono usare più leve: quella comunicativa, certo, ma anche quella economica – attraverso bonus e incentivi – o ancora puntando sul coinvolgimento emotivo, sul nudging, che ha un ruolo determinante nel produrre cambiamenti dei comportamenti. Molto spesso le azioni sostenibili sono inibite dalla frustrazione e dalla sensazione di non fare la differenza».
«La sfida è proprio aggregare gli sforzi di tutti, incentivarli per poi andare a riproiettare l’immagine dello sforzo collettivo e dell’impatto generato. Si continua a chiedere di fare, di cambiare, di impegnarsi ma viene detto poco di quanto i consumatori con le loro azioni abbiano già collettivamente impattato positivamente su ambiente e comunità, nella riduzione delle emissioni, nella diminuzione e nel riutilizzo dei rifiuti. E questi sforzi vanno rappresentati, comunicati e misurati nel tempo perché si possa percepire il valore del contributo di ciascuno nell’interesse di tutti».
Torna alla sezione Analisi e commenti.