Marc Gunther Nei giorni scorsi, in tutti gli Stati Uniti, McDonald’s ha introdotto la bibita pumpkin spice latte (un cappuccino speziato allo sciroppo di zucca) fatto con caffè espresso che porta la certificazione Rainforest Alliance. Simili garanzie per il caffè filtrato McDonald’s non ci sono. La ragione? Perché finora non ci sono stati segnali di un interesse tra i consumatori. Ma la situazione sta lentamente cambiando secondo Bob Langert, responsabile sostenibilità a McDonald’s. Ed era ora. Con 34.000 ristoranti in 118 paesi, la catena fast food più grande del mondo sta cercando di rendere più sostenibile la propria supply chain, arruolando come alleati i propri clienti. Ecco allora che la commercializzazione del pumpkin latte mette in primo piano la piccola rana verde che sta ad indicare l’approvazione della Rainforest Alliance; per lo stesso motivo, i panini al pesce McDonald’s sfoggiano per la prima volta una ecolabel azzurra del Marine Stewardship Council a certificare la provenienza del pesce da zone di pesca gestite in base a determinati standard. Tramite il dialogo con i consumatori sui propri sforzi nel campo della sostenibilità, McDonald’s spera di sviluppare fiducia nel brand e lealtà. Fino a poco tempo fa, era necessario andare a scavare nel website per capire qualcosa delle sue prestazioni ambientali. “Usiamo il pesce sostenibile da molti anni, ma non lo dicevamo”, mi dice Langert. “A nostro avviso stiamo arrivando a un punto di svolta. Vediamo che i clienti cominciano a prestare attenzione. Le aspettative dei consumatori stanno aumentando”. Il ruolo dei consumatori Questo è importante, in parte, perché i prodotti la cui sostenibilità è stata certificata da terzi spesso costano di più dei prodotti tradizionali. Questo succede non solo con il caffè e il pesce, ma anche con i cibi biologici, il cotone, i prodotti cartieri, il thè, il cioccolato e le banane. Per promuovere la sostenibilità, o i consumatori devono pagare di più – anche se questo non è il caso del latte McDonald’s, almeno per il momento – oppure devono dimostrare la lealtà a un brand spendendo di più per i brand di imprese che adoperano pratiche di business sostenibili. “Non ci sarà un movimento a favore della sostenibilità senza il consumatore”, afferma Langert. “E’ necessaria la condivisione dei consumatori”. Langert non è un apprendista per quanto riguarda il tema sostenibilità. Da venti anni lavora con colleghi, fornitori, proprietari di franchise e ambientalisti di gruppi come l’Environmental Defense Fund e Conservation International per ridurre gli imballaggi, migliorare le pratiche di approvvigionamento del caffè e del pesce, e convincere i coltivatori di patate a ridurre l’uso dei pesticidi. McDonald’s è persino entrato, molto cautamente e in punta di piedi, nel dibattito sugli impatti ambientali dell’allevamento della carne bovina. Ma se l’azienda vuole continuare ad avanzare lungo questo percorso, mi dice Langert, a McDonald’s serve l’aiuto dei 69 milioni di persone – sì, 69 milioni – servite ogni giorno dalla catena. Un confronto delle pratiche McDonald’s di approvvigionamento del caffè negli Usa e in Europa rileva indicazioni concrete dell’influenza dei consumatori. In Europa, il 100{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} del caffè non-decaffeinato acquistato da McDonald’s proviene da aziende agricole con certificazione Rainforest Alliance, UTZ o Fairtrade International. Negli Usa, la certificazione riguarda solo i chicchi per l’espresso. La differenza, secondo Langert, deriva dal fatto che “i consumatori europei sono molto attivi su questo tema“. A livello globale, nel 2012, circa il 25{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} degli acquisti totali di semi del caffè proveniva da coltivatori certificati. Negli Usa, si arriva a circa il 15{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}, dice McDonald’s. Nell’emisfero meridionale, più di 25 milioni di persone lavorano nel settore caffè, secondo la Rainforest Alliance, le cui attività sono finalizzate a salvaguardare gli habitat tropicali dove viene coltivato il caffè e a garantire un trattamento equo per i coltivatori. Poiché i consumatori UE richiedono il caffè certificato, McDonald’s lo fornisce. Certo, sono le imprese come Starbucks, Whole Foods Market e Chipotle ad aver aperto il dialogo sulla sostenibilità dei propri prodotti. McDonald’s potrebbe portare tale dialogo ai consumatori del mainstream. Come dice Jessica Droste-Yagan, responsabile dell’approvvigionamento sostenibile a McDonald’s US: “I clienti richiedono maggiori informazioni sulla provenienza e sulla produzione del cibo. E vogliono che siano pratiche sostenibili”. Il risultato? Oggi, con una rete di oltre 1,300 McCafe, McDonald’s parla in modo molto simile a Starbucks quando si tratta della provenienza del caffè. “Garantiamo un approvvigionamento responsabile del caffè” dice il sito McDonald’s. Nel frattempo, McDonald’s USA, McDonald’s Canada e i propri franchisee stanno investendo oltre $6m – e lavorando con gruppi senza scopi di lucro come TechnoServe e Sustainable Commodities Assistance Network – per organizzare corsi di istruzione nelle pratiche agronomiche per fino a 13.000 coltivatori nell’America Centrale. Da dove proviene il manzo? Negli Usa, Mitch Smith, responsabile qualità e sicurezza dei prodotti agricoli e bevande McDonald’s, lavora a stretto contatto con i fornitori e i coltivatori di patate e con il National Potato Council per ridurre l’impatto ambientale delle patatine fritte – il prodotto icona di McDonald’s. McDonald’s vuole diffondere le migliori pratiche di sostenibilità “a tutte le fasi di coltivazione, raccolta e stoccaggio” della filiera della patata, spiega. McDonald’s partecipa anche al Global Roundtable on Sustainable Beef, i cui membri comprendono il World Wildlife Fund, Cargill e Walmart, e dice di immaginare una catena di valore per la carne di manzo sostenibile a livello ambientale, socialmente responsabile ed economicamente fattibile. Ho i miei dubbi, ma cerco di rimanere a mente aperta. In passato, la giustificazione in termini del business per queste attività derivava dalla necessità di garantire una disponibilità a lungo termine di prodotti agricoli di alta qualità. Dieci anni fa, quando chiesi a Langert perché McDonald’s dedicava tempo e sforzi alla sostenibilità delle zone di pesca, mi rispose: “Vogliamo poter acquistare il pesce ancora tra 10 anni“. Oggi si spera anche di aumentare il fatturato. Dice Langert: “Questi temi ‘del cuore’ sono genuini. Contribuiranno alla crescita dei nostri volumi di vendita”. http://www.theguardian.com/sustainable-business/mcdonalds-coffee-sustainability]]>