Salvatore Garbellano, docente a contratto di Modelli Organizzativi e HRM al Politecnico di Torino, con una lunga esperienza nel campo dell’organizzazione aziendale e delle risorse umane. Nel suo libro «Come le medie imprese di successo hanno superato la crisi» – pubblicato da Franco Angeli Editore – spiega come la ricetta vincente per le imprese, in tempo di crisi, sia la capacità di reinventarsi. Gli abbiamo chiesto di spiegarci meglio questo concetto. Al centro della sua analisi, lei mette la capacità delle imprese di costruire la propria unicità. Sembra facile ma come riuscirci? La crisi ha accentuato la polarizzazione tra imprese di successo e quelle che, invece, sono ancora in difficoltà. Oggi soltanto una minoranza, seppur significativa, di imprese, è riuscita a compiere la trasformazione necessaria per diventare realtà uniche e riconoscibili in un mercato sempre più competitivo. Queste imprese hanno implementato il cambiamento per piccoli passi, con tentativi ed errori, ma anche con una buona dose di prudenza per ridurre i rischi finanziari. Questi percorsi trovano una comune base di partenza: il coraggio e la determinazione di chi è alla guida delle imprese. Sono persone che hanno raccolto la sfida della crescita: non si sono rassegnate all’ineluttabilità della crisi. Le imprese che ce la fanno hanno in comune un ulteriore aspetto: c’è una vision innovativa sulla quale si costruisce un progetto di impresa. È una visione che consente alle imprese di vedere il mercato in un’ottica nuova, individuare nuove opportunità di business e di delineare una sua specifica identità, riconosciuta da clienti e competitori. Pertanto è una visione che spesso nasce dall’imprenditore, ma poi viene condivisa e fatta propria da gran parte dei dipendenti. Questa unicità passa da un elevato grado di competenza e questo per certi versi è rassicurante: il “saper fare” è ancora il principale valore? Le medie imprese di successo sono “innovatori seriali”: hanno, cioè, la capacità di creare un flusso di nuovi prodotti che vengono lanciati sul mercato. Per essere “innovatori seriali” occorre avere un saper fare che, però, ha alcune specificità. In primo luogo è un know how che non si si concentra in un gruppo ristretto di persone, ma è una competenza diffusa tra manager, quadri, tecnici e operai specializzati che spesso si estende ai fornitori e al territorio in cui ha sede l’impresa. La cultura dell’eccellenza del prodotto costituisce il collante tra l’impresa e le persone. Questo aspetto è un vero punto di forza del nostro sistema economico e sociale. Il know how consolida il radicamento delle imprese eccellenti in Italia. Quando viene meno l’eccellenza sono più probabili i processi di delocalizzazione. Tuttavia oggi vi sono alcuni aspetti emergenti da evidenziare: gli imprenditori non esitano a trovare l’eccellenza a livello globale ovunque essa sia, superando i confini del territorio; iniziano a diventare più frequenti le alleanze tra imprese, università e centri di ricerca per creare o trasferire nuova conoscenza; le strategie di innovazione e internazionalizzazione hanno richiesto l’innesto di nuove competenze tecniche e manageriali, a volte provenienti dalle grandi imprese in crisi. Questo innesto di nuovo know how cosa ha comportato? L’inserimento di nuove persone ha da un lato portato vitalità, nuove energie e nuovi metodi di lavoro, ma al tempo stesso ha causato resistenze e conflitti generazionali all’interno di molte imprese. Non è semplice, infatti, ibridare e integrare know how a volte molto diversi e distanti tra loro. Far lavorare insieme persone che sanno tutto sul prodotto e giovani esperti nelle nuove tecnologie richiede grande attenzione alla gestione delle dinamiche che avvengono nei nuovi team di lavoro. Volendo approfondire la sua tesi giungiamo a sette caratteristiche che lei ha individuato come tratti comuni delle imprese che “ce la fanno”. Vuole parlarcene? Queste imprese hanno dovuto modificare l’intero modello di business per potersi riposizionare con successo nei mercati globali. Non ho individuato una “best way” da seguire in modo unilaterale, ma piuttosto una serie di costanti presenti nelle imprese industriali eccellenti. Eccole: incremento della gamma di prodotti/servizi offerti ai clienti senza però perdere la propria identità originaria; total customer care – non basta soddisfare i clienti con il proprio prodotto, oggi occorre presidiare le relazioni con i clienti sin dai primi contatti pre-negoziali, dalla progettazione al post vendita; nuova centralità delle fabbriche e dei processi produttivi caratterizzati da alta intensità di conoscenza; forte integrazione tra processi di innovazione e internazionalizzazione – ormai due lati della stessa medaglia; governance solida – alla base del successo c’è anche l’alleanza tra imprenditori e manager, per implementare rapidamente e in modo proattivo le strategie; competenza diffusa e controllo delle competenze strategiche – molte imprese internalizzano attività in precedenza affidate in outsourcing così come avviene ad esempio nel settore della moda, altre volte, invece, creano reti con i fornitori; le imprese si sono aperte a nuove forme di collaborazione non soltanto con i fornitori, ma anche con centri di eccellenza, centri di ricerca, università e in qualche caso anche con altre imprese. Ad esempio due grandi competitori – Lavazza e Illy – hanno messo insieme le forze per studiare il genoma della pianta del caffè. E la comunicazione di quel ‘saper fare’, di cui parlavamo prima, che ruolo gioca in tutto questo? Non basta saper fare, né far fare: occorre saper comunicare all’interno e all’esterno dell’impresa. Innovare è faticoso. Innovare vuol dire superare le resistenze che spesso sono presenti all’interno delle stesse aziende, in quanto mette a rischio ogni specie di gerarchia e rendite di posizione. Innovare vuol dire rompere equilibri consolidati di posizioni di mercato, creare cambiamenti nell’orientamento della rete di vendite e nei clienti. Leader è chi crea una catena della comunicazione che integra interno ed esterno dell’azienda. Ad esempio, occorre saper comunicare il nuovo valore offerto al cliente perché possa esser percepito, riconosciuto e apprezzato. Allo stesso modo occorre saper comunicare all’interno l’importanza e l’urgenza dell’innovazione. Quando una comunicazione non viene gestita con la necessaria attenzione, la catena del valore si spezza o si indebolisce. In questo modo si influenza a volte in modo determinante la difesa, se non la conquista, dei margini.]]>