Nata sotto il segno della complessità

27 Set, 2022 | Analisi e commenti

Nel momento in cui la sostenibilità entra in una fase di maturità (e in mezzo a un crescente rumore di fondo) la comunicazione viene assimilata al “fiocco sul pacchetto”. Niente di più sbagliato: è l’arma migliore per superare improvvisazione, passi falsi e facili scorciatoie. Di Sergio Vazzoler, dalla rubrica Oltre il blablabla su CSRoggi, numero di settembre (sfogliabile integralmente qui)

Sulla carta, l’adesione ai principi della sostenibilità da parte di imprese, organizzazioni e istituzioni, di ogni dove e misura, è sempre più diffusa. Ma è davvero radicata nella forma mentis e nei comportamenti, sostanziata da conoscenze e saperi puntuali, sedimentata nell’analisi dei rischi e degli scenari, resa viva da processi di dialogo e coinvolgimento? Soprattutto, è consapevole delle complessità di una materia multidimensionale come la sostenibilità?

È questo uno dei nodi centrali (e purtroppo sottovalutati) oggi: essere in grado di comprendere – in primis – e di governare – in seconda battuta – la complessità. L’attenzione dei pubblici è esplosa, i modelli di sviluppo si evolvono (basti pensare al boom di società benefit), le normative si aggiornano, il modo di produrre e consumare si trasforma. Anche la comunicazione cambia. Da ogni parte si ode l’eco della sostenibilità far festa. Ma, se vi mettete all’ascolto, non è raro sentire anche cacofonie, accordi stonati, scale disarmoniche. Un percorso di sostenibilità che cerca di eludere la complessità suona così: male.

Coerenza, questa sconosciuta.

Sono tante le dimensioni da monitorare per evitare gli inciampi. Innanzitutto, il piano della coerenza. L’adozione di buone pratiche da parte della singola persona deve trovare corrispondenza in una cornice sociale e politica adeguata. Pena la perdita di fiducia nel sistema, la delusione, il disamore e, a ruota, il disimpegno.

Un esempio dalla vita di tutti i giorni. Nel momento in cui si deve supportare la nuova mobilità green e si chiede alla cittadinanza di usare mezzi più puliti (la bicicletta, il treno, i mezzi pubblici), il cittadino deve trovare infrastrutture adeguate e che rispondano alle sue esigenze o desideri (la pista ciclabile, treni vivibili, autobus che non sono scatole per sardine). Se l’azione individuale non si rispecchia nella cornice collettiva, il patto tra cittadini, imprese e istituzioni si incrina. E, lo ricordiamo con le parole di Jean-Paul Sartre, la fiducia si guadagna goccia a goccia, ma si perde a litri. Si tratta di un capitale prezioso, imprescindibile ma volatile: una buona strategia di sostenibilità può rafforzarlo. Deve però essere coerente: rispetto all’identità dell’organizzazione, alla natura del suo business, alle sue azioni.

Cosa succede quando a parole ci diciamo sostenibili ma le nostre azioni non sono – o non sono percepite – come tali? Se dovessimo dichiarare di aver intrapreso una rivoluzione di processo della nostra azienda ma venisse fuori che la grande novità riguarda la sostituzione di un pack decisamente insostenibile con un altro un po’ più green, prima o poi qualcuno verrà a chiederci conto del perché non abbiamo osato fare di più, ad esempio partendo a monte del processo. Oggi non è più sufficiente dirsi a favore di determinati valori ma, al contrario, è necessario conoscerli a fondo, analizzarne le tante implicazioni per governarle, prevedere i rischi correlati. E poi agire di conseguenza.

È una questione, anche, di competenza.

Tanti, tantissimi, casi di greenwashing prendono le mosse da una conoscenza epidermica delle pratiche di sostenibilità e da una scarsa familiarità con questi temi. Manca ancora preparazione all’interno delle organizzazioni rispetto alle dimensioni dei comportamenti e degli atteggiamenti. Soprattutto nel momento storico in cui ci troviamo oggi, che segna il passaggio da una fase iniziale e acerba, ma sicuramente più semplice, a uno stadio più avanzato, maturo e, di conseguenza, infinitamente più complesso del concetto di sostenibilità.

Come far dialogare la dimensione sociale e quella ambientale del nostro impegno, evitando che entrino in conflitto? Come prepararsi per gli scenari futuri? Progettazione a lungo termine, analisi dei rischi, pianificazione non possono mancare. La sostenibilità non può essere una tattica adottata in maniera frettolosa, solo per il timore di non prendere al volo un treno in corsa. Tutto deve partire da un ripensamento profondo, dalla riflessione strategica, dalla misurazione, dalla buona abitudine di rendere conto e dall’allenamento al dialogo e all’ascolto.

Insomma, bando all’improvvisazione: ora più che mai sono necessari continuo aggiornamento e competenze – specifiche e “laterali”. Perché la complessità degli scenari è mostruosamente cresciuta: pensiamo a quello che è successo a livello energetico con la guerra in Ucraina oppure a come la forte siccità che sta colpendo il Paese abbia cambiato le carte in tavola. Il prezzo del farsi trovare impreparati è troppo alto.

Comunicare. Per davvero.

Una postilla sui processi comunicativi. Anche qui non possiamo sfuggire alla complessità della materia. Le semplificazioni non funzionano e sempre di più sono smascherate per quello che sono: un contenitore vuoto. Dobbiamo perciò assicurarci che tutti i nostri messaggi siano comprensibili, autentici e significativi e soprattutto che trasmettano empatia e vicinanza. Nella vita reale, la scelta non è tra la pace o l’aria condizionata (cit.) e la siccità non si risolve con una doccia in meno. Le situazioni sono molto più sfaccettate e buttare tutto sulla responsabilità del singolo, senza ragionare a livello di sistema, crea disaffezione. Invece di cercare di formare uno stuolo di asceti della sostenibilità, forse vale la pena mettersi in ascolto, intavolare un dialogo aperto e trasparente, spiegando con attenzione le nostre scelte e coinvolgendo cittadini e consumatori per capire quali sono le loro esigenze, aspettative e incertezze. Tutto il resto è solo rumore e non fa altro che ritardare quell’accelerazione che la crisi climatica e la transizione ecologica impongono.

Sergio Vazzoler

l’intervento originale è pubblicato su CSRoggi: https://www.csroggi.org/3d-flip-book/csroggi-magazine-n-3-4-settembre-2022-2/