Parità di genere: il 40% delle donne ha subito contatti fisici non desiderati sul lavoro. Ripartire dai dati per sostenere l’equità
La Survey L.E.I. raccoglie la voce di oltre 11mila donne, che segnalano molestie e retribuzioni più basse, discriminazioni per la maternità e l’abbigliamento.
Si intitola “Ti Tocca” l’Ebook che racconta i risultati dell’ultima Survey L.E.I. (Lavoro, Equità, Inclusione) di Fondazione Libellula. Un titolo che colpisce e subito ricorda a chi legge la responsabilità condivisa e collettiva della disparità che ancora le donne vivono sul mondo del lavoro, perché anche se non si è parte del problema si può esser parte della soluzione. I dati raccontano come nel mondo del lavoro la parità di genere sia ancora un traguardo lontano: il 40% delle donne che hanno risposto ha subito contatti fisici non desiderati sul posto di lavoro e il 60% ha una retribuzione inferiore rispetto ai colleghi.
Lo stato della parità di genere sul lavoro in Italia tra molestie, discriminazioni e stipendi più bassi
“Ti Tocca” sottolinea l’urgenza di affrontare attivamente le questioni di parità di genere (anche) sul lavoro. Il questionario raccoglie l’esperienza e le risposte di oltre 11mila donne. Un’esperienza per lo più negativa. Oltre al dato sui contatti fisici indesiderati (aumentato dell’81% rispetto al 2022), il 43% ha ricevuto avance esplicite indesiderate e il 27% ha segnalato richieste e comportamenti di natura sessuale non graditi o non sollecitati. Inoltre, quasi 7 donne su 10 hanno ricevuto complimenti, allusioni o hanno sentito battute sessiste: il segno di una cultura lavorativa che ancora oggi normalizza comportamenti inappropriati e lesivi della persona. Al punto che per paura di incorrere in commenti o attenzioni indesiderate sul proprio corpo, 1 donna su 2, soprattutto tra le più giovani, modifica il proprio abbigliamento.
Aprendo il grande capitolo maternità, emerge che sette donne su dieci vedono rallentato il proprio percorso di crescita a causa della maternità o di altri ruoli di cura. Allo stesso modo, sette volte su dieci, la maternità è vista come una conseguenza negativa per l’azienda.
La discriminazione di genere ha impatti diretti anche sul piano economico. Il 90% delle rispondenti vede gli uomini in posizioni di leadership in netta maggioranza, e la parità retributiva è ancora obiettivo lontano. La disparità di genere è un problema sistemico che riguarda ogni settore e industria. L’82% delle donne vede gli uomini crescere professionalmente più velocemente, e il 65% delle donne viene considerata aggressiva se dimostra ambizione o assertività.
Le donne al vertice colpite di più
La survey rivela anche una dinamica precisa: le donne che ricoprono ruoli decisionali sperimentano più discriminazioni delle colleghe. Questo si traduce in commenti sul proprio corpo per il 77% delle manager e il 75% delle dirigenti, battute sessiste o volgari verso le altre donne (76% e 79%), contatti fisici non desiderati (47% per le dirigenti e 54% per le imprenditrici contro la media del campione del 40%). L’aumento più significativo riguarda però le avance esplicite indesiderate (43%), di cui sono state vittime il 64% delle imprenditrici e il 54% delle dirigenti, insieme alle richieste di natura sessuale non gradite o non sollecitate (27%), che hanno riguardato il 45% delle imprenditrici e il 35% delle dirigenti.
Ricoprire una posizione di maggior potere sul lavoro sembra mettere a maggior rischio di discriminazione le donne. Per spiegare questo fenomeno, Fondazione Libellula avanza due ipotesi.
- È un tema di consapevolezza, chi ricopre ruoli ai vertici è più conscia della situazione.
- È un tema di discriminazione storica: chi occupa un ruolo storicamente riservato agli uomini, viene “rimessa al suo posto”, sminuita, oggettificata, depotenziata in quanto donna. Ipotesi che si rispecchia in un altro dato significativo emerso dal report: l’88% delle dirigenti e delle manager vede gli uomini crescere professionalmente in maniera delle donne.
Non lasciarsi annichilire dai dati
I dati e i numeri, dietro cui si nascondono storie e persone, non ci devono abbattere moralmente e portarci a un’inazione disillusa e rabbiosa ma vanno sfruttati per generare azione positiva e collettiva. Riconoscere l’ampiezza del problema è il primo passo per elaborare strategie efficaci di contrasto e prevenzione, rimanere in ascolto permette di adattare le strategie alle necessità reali delle donne. L’investimento nello sviluppo di una cultura del consenso e nella formazione su stereotipi, linguaggio, discriminazioni e micro-aggressioni è essenziale per costruire un futuro lavorativo più equo e inclusivo. Capire come funziona la violenza di genere, non solo nelle sue manifestazioni più evidenti e plateali ma in ogni sua dimensione, è il primo passo per depotenziarne gli effetti. Lavorare per l’empowerment femminile significa monitorare, ascoltare, agire, dare voce, fare cassa di risonanza. E poi ricominciare da capo.