Parità salariale e trasparenza: il nuovo standard europeo che cambierà le aziende

La direttiva UE 2023/970 sulla parità salariale spinge le imprese verso equità, inclusione e un nuovo modello di gestione del talento
Il principio della parità retributiva è sancito dall’articolo 37 della Costituzione e da anni l’Unione Europea lavora per ridurre il gender pay gap. Tuttavia, il Gender Equality Index 2024 mostra che, nonostante alcuni miglioramenti, la disparità salariale tra uomini e donne persiste in tutta l’Unione. La Direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza retributiva, che entrerà in vigore a giugno 2026, vuole cambiare questo scenario introducendo obblighi chiari e strumenti concreti per garantire che la parità di stipendio non sia solo un principio, ma una realtà misurabile.
Il punto centrale è la trasparenza: le aziende con più di 100 dipendenti dovranno pubblicare dati retributivi disaggregati per genere e, se emergeranno differenze superiori al 5%, dovranno giustificarle con criteri oggettivi o adottare misure correttive. Un’altra novità cruciale è il divieto per i datori di lavoro di chiedere ai candidati il loro stipendio attuale, eliminando un meccanismo che spesso perpetua le disuguaglianze salariali. Inoltre, i criteri di retribuzione e promozione dovranno essere basati su sistemi di valutazione chiari, fondati su competenze e responsabilità e privi di bias di genere.
Questi cambiamenti non si limitano a una maggiore equità salariale, ma impattano profondamente la gestione delle risorse umane. La meritocrazia diventa un principio verificabile e applicabile, trasformando la cultura aziendale e rafforzando la fiducia dei dipendenti nei processi di crescita professionale. In barba alla contro-narrazione che vede le iniziative di equità come una discriminazione al contrario che mina le logiche di merito.
Più equità, più competitività: la spinta della direttiva sui temi DEI
Se l’obiettivo principale della normativa è la riduzione del gender pay gap, il suo impatto si estenderà ben oltre. La trasparenza retributiva è un acceleratore per le politiche di Diversity, Equity & Inclusion (DEI), perché spinge le aziende a ripensare in modo più ampio la gestione del talento.
Un’azienda che garantisce parità salariale e inclusione non solo evita sanzioni, ma diventa anche più attrattiva per i lavoratori (e le lavoratrici!). Le nuove generazioni valutano sempre di più i datori di lavoro in base ai valori che esprimono e alle loro politiche di equità. Inoltre, una maggiore trasparenza genera ambienti di lavoro più inclusivi e motivanti, con impatti positivi su produttività e retention.
Le imprese che non si adegueranno rischiano non solo ripercussioni economiche, ma anche danni reputazionali difficili da recuperare. In un’epoca in cui la responsabilità sociale d’impresa è un asset competitivo, non esiste più distinzione tra compliance normativa e strategia aziendale (o almeno, si fa più sfumata): la parità di trattamento è destinata a diventare un elemento chiave per il successo.
L’UE rafforza il suo impegno: la DEI come pilastro del mercato del lavoro
La parità retributiva non è un provvedimento isolato. La Commissione Europea ha recentemente pubblicato le “Prospettive di lavoro 2025”, confermando il suo impegno su temi sociali profondamente identitari per l’Unione. Il piano include iniziative su diritti, parità e inclusione, dalla lotta al razzismo alla tutela della comunità LGBTIQ+, delineando un approccio strutturale alla DEI.
L’obiettivo è chiaro: non solo eliminare le discriminazioni, ma fare dell’inclusione un pilastro della crescita economica europea. L’Unione vuole essere più semplice e veloce, ma anche più audace e allineata ai propri valori fondanti.
Il 2026 è più vicino di quanto sembri: le aziende devono prepararsi ora
Anche se il recepimento della direttiva è previsto per giugno 2026, le aziende devono muoversi in anticipo per adeguarsi alle nuove regole. L’implementazione di sistemi retributivi trasparenti e l’adozione di strumenti di monitoraggio delle differenze salariali richiedono tempo, e il rischio non è solo quello di trovarsi impreparati alle scadenze normative, ma anche di perdere competitività in un mercato del lavoro sempre più attento ai temi di equità e inclusione.
Per molte imprese, questa trasformazione rappresenta un’opportunità: anziché vederla come un mero obbligo normativo, può diventare il punto di partenza per costruire una cultura aziendale più equa, moderna e attrattiva. Perché la parità salariale non è solo una questione di giustizia, ma di resilienza del business.