N. Craig Smith e Elin Williams*

Lo scorso ottobre LEGO ha subito un boicottaggio organizzato da alcuni consumatori. Non si è trattato di una protesta formale, bensì LEGO ha dovuto fare i conti con una campagna di Greenpeace consistente in un video virale (orsi polari che annegano nel petrolio grezzo), qualche manifestante vestito da personaggio LEGO e una petizione. E il produttore di giocatoli numero uno al mondo non era l’obiettivo principale. Greenpeace voleva utilizzare LEGO per danneggiare il colosso petrolifero Shell, con il quale LEGO aveva accordi di marketing. Shell, come ormai tutti sanno, intende esplorare l’Artico per individuare eventuali risorse petrolifere.

Ma torniamo a LEGO. L’azienda si aggiunge a un lungo elenco di imprese che hanno ceduto velocemente alle pressioni degli attivisti. Greenpeace, invece, sa che a volte basta suscitare la paura di un boicottaggio al momento giusto.

La grande preoccupazione dei capi LEGO era giustificata?

Anni di ricerca dei boicottaggi ci aiutano a rispondere. Le origini di queste proteste da parte dei consumatori risalgono a secoli fa e hanno contribuito a formare il mondo in cui viviamo. Pensiamo ad esempio:

Mentre questi movimenti storici erano finalizzati a ottenere cambiamenti sociali, i boicottaggi più recenti sono diretti contro specifiche prassi aziendali – spesso con il risultato di portare a un cambiamento sociale – e a volte ottengono un successo rilevante. Le ricerche indicano che vi sono tre cose che ogni manager deve sapere sui boicottaggi. 

1) Raramente i boicottaggi colpiscono i ricavi nel breve termine E’ difficile che i boicottaggi riducano i ricavi nel breve termine, ma a lungo andare sono in grado di raggiungere i propri obiettivi. Guardiamo il caso della diserzione di massa di Barclays Bank da parte dei clienti studenti negli anni ’80, quando si accusava la banca di appoggiare l’apartheid in Sudafrica. Poco male, si potrebbe pensare, gli studenti hanno pochi soldi. Ma gli studenti diventano professionisti ben remunerati con carte di credito e mutui ipotecari. Alla fine Barclays si è ritirata dal Sudafrica. Il boicottaggio è stato uno dei fattori a dettare la decisione, sicuramente con altri. Eppure la protesta continua a generare ripercussioni, e Barclays ancora oggi è rifiutata da molti di quegli studenti coinvolti nel boicottaggio. Nel caso di LEGO, Greenpeace ha raggiunto l’obiettivo dichiarato — di rompere la partnership con Shell — in soli tre mesi. Noi invece pensiamo che l’impatto sui ricavi di un boicottaggio non sarebbe stato rilevante, almeno non nel breve termine.

2) Chi boicotta con successo mira a obiettivi facili – “la frutta che cresce sui rami più bassi” La storia indica che quasi sempre i boicottaggi di successo prendono di mira prodotti di alto profilo, dei quali i consumatori possono fare facilmente a meno. LEGO entra in tutte e due le categorie:

  • Quando Greenpeace ha lanciato la campagna nel mese di luglio 2014, il film LEGO stava per uscire in DVD
  • Un gioco di LEGO tende ad essere un acquisto facoltativo. I consumatori hanno altre possibilità quali altre tipologie di giocatoli oppure Mega Bloks, un prodotto canadese simile a LEGO che costa meno.

Fare meno dell’automobile, invece, è difficile. Greenpeace sapeva che non avrebbe potuto chiedere ai consumatori di boicottare tutte le imprese oil&gas che lavorano nell’Artico…Shell non è l’unica che vi opera. Il classico esempio della frutta dei rami bassici giunge da un’altra impresa danese. Nel 2006, i ricavi annui della multinazionale di latticini Arla Foods nel Medio Oriente – $430 milioni – sono crollati a picco. Arla Foods non c’entrava nulla con il quotidiano danese che aveva pubblicato caricature del profeta Muhammad l’anno prima. Semplicemente, era un bersaglio facile per i boicottatori… e aveva la sfortuna di essere danese. In altre parole, i risk manager LEGO avrebbero dovuto sapere che erano vulnerabili. Può darsi che considerassero il rischio boicottaggio ogni volta che l’accordo con Shell veniva rinegoziato. Ma sembra che non avessero alcun piano per riacquistare velocemente una posizione di vantaggio morale. Avrebbero forse potuto organizzare una contro-campagna sui social media, con protagonista il grande cattivo di The LEGO Movie… che guarda caso, è il capo di una società petrolifera globale.

3) I boicottaggi di successo riguardano una causa di importanza critica per il business dell’impresa presa di mira I boicottaggi ben riusciti riguardano quasi sempre una causa di importanza centrale per il business dell’impresa attaccata. Quelli che mancano di un tale punto focale spesso lasciano il tempo che trovano. Nel 2011, l’AD di Chick-fil-A, una catena di ristoranti fast food negli Usa, ha fatto delle dichiarazioni controverse sul matrimonio tra gay; risultato, un boicottaggio. Ma vi fu una contromossa – il movimento Chick-fil-A Appreciation Day — e le vendite aumentarono per un breve periodo! Il tema del matrimonio tra gay non era centrale per il business.

Le lezioni per LEGO e per la vostra azienda

Forse allora i manager LEGO non si sarebbero dovuti preoccupare.Le esplorazioni per il petrolio nell’Artico non rappresentano un tema centrale per il business dei giocatoli — o forse si? Potrebbe essere questo il motivo che ha convinto LEGO a cedere? Greenpeace ha costruito la propria campagna sul collegamento di marketing tra LEGO e Shell. Ma i legami LEGO con il petrolio sono più profondi, come lo sono le sue responsabilità ambientali. I tanto amati mattoni LEGO sono fatti di petrolio grezzo. Non sono fatti di plastica riciclata. Inoltre, esistono 86 pezzi di LEGO per ogni persona umana – e molti di questi pezzi finiscono nelle discariche. LEGO, oggi, è molto più di una impresa di giocattoli. E’ un colosso dell’entertainment, globale quanto Shell. Ma i suoi mattoni di plastica, con le relative sfumature educative, investono LEGO di una responsabilità etica. La CSR e la filantropia LEGO sono orientate principalmente verso i bambini. Sembra che l’ambiente sia il suo tallone di Achille – proprio al cuore del suo business. Se la petizione Greenpeace fosse diventata un boicottaggio vero e proprio, avrebbe sì potuto recare danni al brand nel lungo termine.

Questo, in fin dei conti, è la lezione da imparare dalla ricerca. Qualsiasi boicottaggio, per quanto mal concepito o mal eseguito, è in grado di recare gravi danni alla reputazione aziendale, anche se non colpisce il fatturato nel breve termine.

Forse i capi LEGO hanno capito i rischi dei boicottaggi meglio di quanto pensassimo in un primo momento.

 

*N. Craig Smith insegna Etica e Responsabilità Sociale a INSEAD, Fontainebleau, Francia. Precedentemente, è stato docente alla London Business School, alla Georgetown University e all’Harvard Business School.

Elin Williams è una freelance di Oxford

Fonte:http://nbs.net/three-things-every-manager-should-know-about-consumer-boycotts/utm_source=Dec+2014+Newsletter&utm_campaign=Dec+2014+Newsletter&utm_medium=email]]>