Quanta fiducia hanno i cittadini verso reporting di sostenibilità e rating ESG? Spoiler: poca.
Una ricerca finanziata dal Parlamento UE sui “false ESG” incrocia l’esperienza delle imprese e il percepito dei cittadini. Sui processi di certificazione emergono alcune criticità.
Il livello di fiducia dei cittadini nei confronti delle dichiarazioni di sostenibilità delle aziende è tra il basso (44%) e il bassissimo (19%). È forse questo il dato più eclatante – e preoccupante – che emerge dalla ricerca “Rating ESG delle imprese, asserzioni etiche aziendali e percezione dei cittadini riguardo alle scelte green delle aziende”. L’indagine, finanziata dal Parlamento Europeo, ha l’obiettivo di mappare il livello di maturità delle aziende che hanno attivato un processo di reporting di sostenibilità, intercettando punti di forza, criticità e debolezze e andando a verificare a specchio anche la percezione della cittadinanza.
Reporting di sostenibilità e rating ESG in Europa, a che punto siamo?
La ricerca approfondisce approcci, metodi e standard usati dalle aziende europee nell’attività di rendicontazione dei criteri ESG. Delle 100 aziende intervistate, il 70% si ritiene concretamente attenta e attiva rispetto al tema della sostenibilità. Solo il 3% afferma di non esserlo, mentre il 25% è convinta di poter fare di più.
Il reporting di sostenibilità sembra essere diventata abitudine diffusa. Tra le organizzazioni con 250-500 dipendenti, il 58% redige un documento di rendicontazione, che sia un bilancio di sostenibilità o una DNF (dichiarazione non finanziaria). Il 62% ha un responsabile incaricato dei dossier di sostenibilità e nel 39% dei casi esiste un vero e proprio Consigliere delegato alla sostenibilità. Le premesse sembrano quindi buone: si rendiconta sempre di più e la sostenibilità sembra entrare finalmente governance dell’impresa, prendendosi i suoi spazi.
E i processi di certificazione?
In questo idillio però c’è una nota amara, e riguarda la certificazione di dati e risultati da parte di una società esterna. Solo il 25% delle organizzazioni afferma di aver affrontato un audit interno sulla rendicontazione dei criteri ESG. Inoltre, il 70% delle imprese che pubblica un bilancio di sostenibilità certificato da un ente terzo, segnala come la certificazione si sia basata solo sull’analisi di documenti ed evidenze autoprodotte. Meno della metà (48%) dei processi di valutazione sono stati effettuati raccogliendo osservazioni fisiche, dal vivo, presso la sede dell’azienda.
Il cortocircuito è servito.
Così nasce il sospetto sulla validità del reporting di sostenibilità e dei rating ESG
Questi ultimi dati, che gettano qualche dubbio rispetto alla validità delle certificazioni ESG, si rispecchiano nel basso grado di fiducia da parte di cittadini e consumatori nei confronti dell’effettivo impegno sulla sostenibilità delle imprese. E la sensazione di opacità cresce: il 45% delle 500 persone intervistate è convinto che le imprese sfruttino il tema green per soli motivi di marketing.
Le persone sono sempre più coinvolte rispetto ai temi ambientali e di sostenibilità e chiedono alle organizzazioni di attivarsi su questo fronte in maniera decisa: per l’80% del campione è molto importante adottare pratiche che permettano al business di essere davvero sostenibile. Cresce così anche la richiesta di informazioni sempre più trasparenti, facilmente accessibili, concrete, possibilmente verificate da parti terze affidabili (e qui si torna sul paradosso delle certificazioni). Con due postille interessanti: benché a parole le persone sembrino molto ingaggiate su questi temi, circa il 61% non conosce il significato di ESG e circa l’80% dichiara di non leggere mai o quasi mai un bilancio di sostenibilità.
La morale alla fine della storia
La ricerca ci racconta come l’assenza di norme rispetto all’assegnazione di certificazioni e rating ESG rischi di gettare un’ombra di sospetto sulla validità del reporting di sostenibilità e, di conseguenza, su chi approccia questa attività con serietà, metodo e coerenza. Allo stesso modo, il pericolo è che ogni tipo di comunicazione relativa al proprio impegno sostenibile passi come trovata pubblicitaria e tattica di marketing.
L’indagine ci dice però anche altro. Tra la cittadinanza la conoscenza dei temi ESG è ancora poco interiorizzata e, se da una parte c’è la richiesta di informazioni più trasparenti e credibili, dall’altra manca ancora l’abitudine a consultare i documenti di rendicontazione. È perché sono ritenuti troppo complessi, o perché non ci si fida? Difficile stabilirlo. La strada dell’accessibilità però non va trascurata: le informazioni ESG vanno rese comprensibili, declinate per il pubblico che si ha di fronte, ancorate alla quotidianità delle persone. Anche questa è trasparenza.