Responsabilità climatica d’impresa: le aziende di fronte alla crisi climatica
La crisi ambientale è qui e ora. Le imprese guidano il cambiamento ma devono compiere un salto di qualità nel far vivere la sostenibilità. Articolo di Sergio Vazzoler uscito originariamente sul numero di agosto 2024 di Evolution, il magazine di Animaimpresa (qui).
Scrivo queste righe a metà luglio, il giorno dopo il passaggio di una violenta cella temporalesca che ha colpito la mia casa di campagna sulle colline piemontesi. Cenavamo sotto il porticato e in trenta secondi dopo il primo refolo di vento si è scatenata una violenta bufera che dal basso verso l’alto sollevava la pioggia e tutto ciò che trovava al suo passaggio, fino a spezzare rami e a sradicare alberi. Fortunatamente il tutto è durato poco più di tre minuti ma a far riflettere è la rapidità con cui questi fenomeni si alimentano, riducendo fino ad annullare il tempo di reazione da parte di chi si trova in mezzo a quel passaggio. Nello stesso giorno leggo della perdurante siccità in Sicilia e in altre zone del Meridione che intacca le riserve idriche di quei territori.
Semplicemente non siamo preparati agli impatti della crisi climatica, ormai diventati quotidianità ma ancora considerati qualcosa di episodico e, di conseguenza, affrontati con superficialità e scarsa consapevolezza. Soltanto quando veniamo colpiti direttamente ci rendiamo conto della nostra impreparazione rispetto all’impatto di questo fenomeno epocale.
Responsabilità climatica d’impresa
In questo contesto, chi si occupa di sostenibilità all’interno delle organizzazioni ha, da un lato, la responsabilità di sensibilizzare, coinvolgere e formare tutta la popolazione aziendale ad affrontare singolarmente e collettivamente la sfida climatica, e, parallelamente, il compito di promuovere partnership e reti collaborative per far fronte comune e condividere esperienze e buone pratiche.
Perché proprio le imprese e, al loro interno, chi si occupa di sostenibilità, devono assumere questa duplice responsabilità anziché demandarla, ad esempio, alle istituzioni pubbliche? Innanzitutto, per l’impatto prodotto dalla diffusione delle pratiche ESG nel mondo imprenditoriale che, lentamente e non senza contraddizioni, sta comunque introducendo nuove variabili nella governance e nelle strategie aziendali, formando, di fatto, una nuova cultura più in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 e, di conseguenza, con la necessità di un new deal fondato su valori sociali e ambientali. Questo si traduce concretamente in una maggiore consapevolezza della sfida nel medio-lungo termine (decarbonizzazione) e nel breve, anzi brevissimo periodo, nel gestire gli impatti già in essere della crisi climatica.
Nuove modalità di lavoro e ingaggio
È sui luoghi produttivi, dentro agli stabilimenti e ai fabbricati industriali così come nei cantieri edili e stradali, che la tropicalizzazione si fa sentire e costringe le organizzazioni ad anticipare e sperimentare nuove modalità di svolgimento del lavoro, mettendo in discussione il modo stesso di fare impresa: è un processo per ora più a “strappi” e a stop and go che lineare ma intanto è in atto e proprio su questo aspetto, la condivisione di buone pratiche tra imprese leader e follower assume un valore assai rilevante.
Per fare da traino e fungere da stimolo anche al mondo pubblico-istituzionale, oggi ancora diffusamente lento e distratto dinnanzi alla crisi climatica, l’impresa e le sue persone dedicate alla sostenibilità devono, però, compiere un ulteriore salto di qualità e utilizzare di più e meglio la leva relazionale. Per farlo occorre superare la sindrome “Rain Man”, quella tendenza a praticare la sostenibilità dentro e fuori l’organizzazione parlando un linguaggio piatto e schiacciato da acronimi, tecnicismi, indicatori e riferimenti normativi: certo, occorre conoscerli, studiarli, elaborarli ma poi, però, tradurli e renderli accessibili per evitare – proprio come il protagonista del film interpretato da Dustin Hoffman – di diventare degli straordinari “snocciolatori” di numeri e codici ma essere impotenti nel gestire e alimentare il confronto relazionale con l’altro.
Percorsi possibili di fronte alla crisi climatica
Per trovare strade che ci conducano a un terreno comune rispetto all’emergenza ambientale, abbiamo bisogno di ridurre le distanze con chi fa fatica a percepire il rischio qui e ora, ascoltandone e rispettandone le motivazioni e, al contempo, compiendo un grande sforzo di semplificazione e di concretezza per rendere temi indubbiamente complessi e sentiti come lontani e casuali in qualcosa di molto vicino tanto nel linguaggio quanto nel vissuto quotidiano. Il racconto di un vignaiolo friulano alle prese con gli impatti delle mutate condizioni climatiche è assai più efficace di fiumi di parole allarmistiche, infografiche dinamiche sul surriscaldamento del pianeta o immagini dello scioglimento dei ghiacciai in Artico.
La sfida climatica è una corsa contro il tempo e le imprese che ne colgono prima l’urgenza e la dimensione collettiva, investendo in relazioni a tutto campo, sperimentando tecniche di facilitazione e mettendo al centro le persone per far vivere la sostenibilità, raccoglieranno anche i benefici economico-finanziari, ottenendo vantaggi competitivi sia in termini di prodotto che reputazionali.