Elena Rossi Perchè un’impresa dovrebbe pensare al bene comune, al miglioramento della società in cui opera, a investire parte dei propri utili in qualcosa di lontano dal suo business? Sono domande legittime, che si pongono gli scettici della CSR, senza però considerare un aspetto determinante: la convenienza. Essere socialmente responsabili conviene a un’impresa e a tutti quelli che ruotano attorno ad essa: lavoratori, investitori, stakeholder. Gli esempi sono molteplici, così come sono vastissime le frontiere della CSR. Recentemente il panorama si è arricchito di una novità in tal senso: la nascita delle B Corp. Come abbiamo già avuto modo di spiegare con l’esperto Giulio Graziani, le B Corp sono società di forma giuridica qualsiasi che ottengono una certificazione su base volontaria attraverso il Benefit Impact Assessment (o BIA) fornito da B Lab, un ente no profit americano. Proprio dall’America nel 2006 è partita l’idea, inizialmente un po’ utopica ma oggi più concreta che mai, secondo cui il business può essere utilizzato per risolvere problemi sociali. Oggi sono oltre duemila le B Corp nate in cinquanta paesi e in 130 settori, con un fatturato complessivo di 22 miliardi di euro, una media di 11 milioni per impresa. L’Italia è il paese in cui le B Corp stanno crescendo più velocemente: sono già 46 quelle attive e si stima che la cifra salga a 150 nel corso del 2017. Volendo addentrarsi in questa nuova frontiera, è giusto chiedersi cosa ci sia dietro la scelta di diventare B Corp. Ci viene in aiuto l’interessante ricerca condotta da Alice Pellegatta per Secondo Welfare, che ha intervistato 11 società americane certificate B Corp per capire benefici e difficoltà del progetto. Gli intervistati hanno ricondotto la scelta dell’impresa di intraprendere il percorso di certificazione alla passione del fondatore per la causa che l’azienda persegue. Dunque all’origine, per tutti, c’è una sorta di “vocazione” al bene comune, che si conferma essere un elemento decisivo. Tutti hanno dichiarato di aver scelto di certificarsi per essere percepiti come più sostenibili e per poter disporre di un reale strumento di comunicazione, utile a far valere questa caratteristica distintiva. Alcuni imprenditori hanno, poi, rilevato come l’essere B Corp abbia fatto guadagnare all’azienda nuovi clienti, attenti ai temi della sostenibilità e della responsabilità sociale di impresa. Il tema della reputation, infine, gioca un ruolo determinante: far parte di una community di business dove sono presenti attori che condividono gli stessi valori e la stessa idea innovativa di impresa aumenta la reputazione aziendale e la capacità di attrarre investitori. Proprio questo aspetto, però, è quello che cela più insidie: per non compromettere la credibilità delle singole aziende e della community, gli imprenditori intervistati chiedono maggiori controlli delle risposte fornite durante la compilazione del Benefit Impact Assessment, da parte di B Lab. «Dobbiamo essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo, tutte le aziende dovrebbero essere gestite in modo da creare benessere alle persone e al pianeta. A ttraverso prodotti, pratiche e profitti, le aziende dovrebbero ambire a dare beneficio a tutti.” A questo si impegnano le aziende che diventano B Corp, sottoscrivendo una solenne dichiarazione. A metà tra il sogno (del bene comune) e la sfida (del business) si insinua questo affascinante ibrido, che ha l’ambizione di riscrivere l’economia. La posta in gioco è alta. A ciascuno decidere se puntare o passare la mano.]]>