Jutta Bauer, nata a Volksdorf, un sobborgo di Amburgo, nel 1955 è la più grande illustratrice tedesca e una delle più famose al mondo. Lavora per diversi editori e riviste e dal 1991 ha iniziato a disegnare cartoni animati. La sua opera comprende oltre 40 libri, per i quali l’artista ha ricevuto numerosi premi. Tra questi spicca, nel 2010, il prestigioso Premio Hans Christian Andersen, considerato il Premio Nobel per la letteratura per l’infanzia.
Abbiamo visto recentemente la bellissima mostra “La regina delle linee” al Museo Luzzati a Genova. Già conoscevo bene il suo lavoro e apprezzo molto le sue storie. Qual è il suo pubblico? A chi sono destinate le sue storie?
Non penso molto a questo aspetto. Semplicemente racconto storie e vedo dopo chi le legge. Adulti e bambini. Io sono sempre convinta che buone storie, che qualche volta sono un po’ delle favole, sono destinate a tutti.
Uno dei suoi libri più famosi è Selma. E’ la storia di una pecora autosufficiente e, proprio per questo, felice. Come è nata?
Ho realizzato Selma solo come regalo per i miei amici e per i miei consulente editoriali. L’ho stampato da sola in una versione di piccolo formato. Quando Dieter Schwalm, il mio editor alla Lappan (la casa editrice che ha pubblicato la gran parte dei libri di Jutta Bauer, ndr) l’ha ricevuta, mi ha subito chiesto di pubblicarla e metterla in vendita. Io mi sono opposta, perché Selma era stata concepita come un piccolo regalo personale e non volevo che fosse spedita in libreria. C’è voluta più di una bottiglia di vino per convincermi. Addesso sono felice che Dieter l’abbia fatto. E’ stato un grande successo. Dove ho preso la storia, mi chiede? L’ho presa dalla radio, quando fu trasmessa un’intervista a un’anziana contadina. Rispose esattamente come Selma: tre volte sempre con le stesse parole.
(Clicca qui per vedere la storia di Selma – in tedesco)
Anche se Selma è stata concepita nel 1997, sembra una storia particolarmente adatta ai nostri tempi. La crisi ci fa riscoprire le cose semplici, il motto “less is more” è diventato filosofia di vita per qualcuno. Possiamo leggerla così?
Sì. Ma anche Selma sarebbe infelice se non avesse erba a sufficienza. Se fosse una pecora molto povera, se vivesse in una sorta di ghetto per pecore, bé, anche Selma potrebbe essere una rivoluzionaria!
Insisto sul tema perché molte delle sue storie sembrano invitare a riconciliarsi con la normalità. Ha mai fatto (o pensato di fare) di questo tema un appello con valenza sociale, direi quasi politica?
Penso che parlare della normalità è sempre un po’ fare politica. E’ qualcosa cui penso, ma non farei libri con un diretto messaggio politico. Se ci tieni alle cose, vivi con responsabilità, crea le condizioni perché i bambini siano sicuri di sé e intelligenti e loro troveranno da soli la strada più giusta.
Un’altra storia notissima è “L’angelo del nonno”. Tutti noi, anche atei, avremmo bisogno di un angelo custode che ci accompagni nella corsa ad ostacoli della vita. E’ una storia molto poetica. Come direbbe mio figlio: qual è la morale?
Preferisco non suggerire alcuna morale nei miei libri, ognuno deve trovarsela da solo. Non penso però che il libro sia davvero incentrato sugli angeli. Sono solo un simbolo. Il libro vuole evidenziare cosa genitori e nonni possono dare ai bambini, condividendo la loro esperienza, la loro saggezza, parlando e discutendo con loro.
Stiamo vivendo, almeno in Italia, un momento denominato dal segno “meno”. Ci sono meno soldi, meno opportunità di lavoro, meno servizi per i cittadini, meno welfare. Sembra essere un cambiamento strutturale, definitivo, e non un momento di crisi che passerà. Secondo lei qual è il ruolo della cultura e l’arte in questo scenario? Testimoni? Facilitatori della comprensione del cambiamento?
Io spero davvero che la gente che legge e capisce i miei libri spedisca i politici come Berlusconi al diavolo e si concentri su uno scambio equo di veri valori. I libri possono toccare temi morali in un modo giocoso. Ma finché i genitori guarderanno tutto il giorno stupidi canali TV, anche i loro figli faranno altrettanto. Tutti i Berlusconi del mondo sanno esattamente perché stanno gocciolando il miele della stupidità sulle nostre teste attraverso i media: che nemici potenti che sono!
Per aumentare la sensibilità del pubblico sui temi ambientali, secondo lei la mobilitazione delle risorse culturali e creative può essere altrettanto importante quanto la mobilitazione politica e l’aiuto che viene dall’innovazione tecnologica?
Non è tutto parte della stessa cosa? Non possiamo incasellarlo così. Ognuno deve combattere per il proprio posto.
Non si vede un gran combattimento, a dire il vero. Cosa occorrerebbe secondo lei?
Che domanda difficile. Possiamo fare così tante cose per fare in modo che le persone, specialmente i bambini, usino la loro testa, pongano domande, chiedano spiegazioni…
Lei ha realizzato una bellissima raccolta di lettere (Ich sitze hier im Abendlicht… ovvero “Siedo qui nella luce della sera”), purtroppo ancora inedita in Italia. Ce la può raccontare? Che valore ha la lettera nel mondo di oggi, che è quello dei social media. Proprio oggi chiacchieravano al bar con il mio socio, che mi diceva: “non mi rispondo più neanche alle mail…, ormai devo cercare, anzi stanare, le persone – bada bene, non gli amici, ma i miei interlocutori professionali – tramite twitter o facebook”. Come legge questo cambiamento di comunicazione tra le persone, tra i singoli individui?
Ho pubblicato le lettere proprio perché sono consapevole dei grandi cambiamenti in atto nella comunicazione. Oggi le persone non scrivono più lettere. Ho provato a far emergere una cultura che sta scomparendo. Noi scriviamo moltissimo, inviamo messaggi con diversi sistemi, ma sta diventando sempre più difficile tenere traccia di queste cose. Ma vedremo… Non voglio dire che una cosa sia migliore o peggiore dell’altra. Vedremo.