Jo Confino
“Se vogliamo risolvere i problemi non possiamo continuare a pensare come pensavamo quando creammo i problemi” – Albert Einstein.
Siamo quello che pensiamo.
Tutto quello che siamo nasce dai nostri pensieri.
Con i nostri pensieri facciamo il mondo
– Il Budda, dal Dhammapada –
E’ facile perdersi nelle complessità dello sviluppo sostenibile, ma la chiave della trasformazione non potrebbe essere più semplice. Non lo dico solo io: andate a sentire i politici e i capitani di industria. Tutti riconoscono che per sprigionare la creatività e l’innovazione che ci aiuterà a evitare il disastro sociale e ambientale basta cambiare i nostri pensieri. Possiamo ringraziare Einstein per aver reso popolare un importante principio spirituale. Al Global Green Growth Forum (3GF), organizzato recentemente a Copenaghen, il grande fisico è stato citato dal primo ministro danese, Helle Thorning-Schmidt, e da Paul Polman, amministratore delegato di Unilever.
Davanti alla platea di primi ministri, amministratori delegati e capi di Ong, Thorning-Schmidt ha dichiarato che è necessario cambiare gli atteggiamenti, citando la frase di Einstein secondo il quale se vogliamo risolvere i problemi non possiamo continuare a pensare come pensavamo quando creammo i problemi.
Più tardi, Paul Polman tornò a Einstein: la definizione stessa della pazzia è continuare a fare sempre la stessa cosa, aspettandosi un risultato diverso.
Naturalmente, Einstein non fu il primo a riconoscere il potere della mente nel comprimere o sprigionare le nostre potenzialità. Oltre 2.500 anni fa, il Budda disse che “con i nostri pensieri creiamo il mondo”.
E’ per questo che la trasformazione personale e lo sviluppo della propria sensibilità e consapevolezza sono cruciali se vogliamo creare una società veramente basata su principi sostenibili.
Così come un’attivista per la pace arrabbiato non combinerà molto, un professionista della sostenibilità conservatore non è né utile né ornamentale. Non ci serve il cambiamento incrementale, ci servono visionari in grado di immaginarsi un nuovo sistema economico.
Prendiamo ad esempio il congresso 3GF stesso, che se da una parte ha sottolineato la necessità di sviluppare modelli di business radicali, ha poi basato la discussione sul concetto dell’efficienza delle risorse. Il fatto è che l’efficienza delle risorse non ci porterà lontano, e non è proprio un tema entusiasmante, di quelli che fanno saltare giù dal letto al mattino.
Sarebbe stato molto meglio se il congresso avesse condiviso pienamente l’idea dell’economia circolare, che si basa su un approccio sistemico e su un cambiamento fondamentale nel modo in cui organizziamo l’immaginario collettivo riguardo alla fabbricazione e all’uso finale dei prodotti.
Il concetto dell’obsolescenza pianificata fu formulato per avviare di colpo le grandi economie occidentali dopo la Grande Depressione. Ma quest’idea, che ha creato montagne straordinarie di sprechi, nell’attuale periodo di cambiamento climatico e di mancanza di risorse, ci sta danneggiando in modo inenarrabile, e quindi è giunto il momento di abbandonarla. Liberare la mente non solo crea nuove possibilità, genera anche un cambiamento comportamentale.
A Copenaghen, il ministro danese per l’ambiente, Ida Auken, mi ha detto che il governo non parla più di spreco, e invece considera quello che buttiamo come risorse preziose.
Nel Regno Unito, l’ente acqua Anglian Water ha adottato un approccio simile, vietando l’uso della frase “waste water” [spreco d’acqua] perché l’acqua è un bene sempre più preziosa. Ciò dimostra che mentre un nuovo atteggiamento nelle nostre vite è l’importante primo passo, il secondo passo è quello di cambiare il linguaggio, perché le parole sono la manifestazione dei pensieri.
A Copenaghen, il gruppo innovazione di Ikea mi ha spiegato che l’impresa sta apportando cambiamenti radicali di atteggiamento e di linguaggio. Il risultato è la formulazione di enormi e audaci obiettivi, la cui realizzazione va oltre le attuali conoscenze e capacità del gruppo svedese. Ad esempio, l’obiettivo di lungo termine è l’utilizzo di materiali al 100{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} non vergini nella propria produzione. E’ una sfida non da poco per una società con un fatturato annuo di oltre 20 miliardi di euro.
Secondo Steve Howard, il responsabile Ikea per la sostenibilità, le imprese che stabiliscono obiettivi incrementali, come la riduzione delle emissioni CO2 di qualche punto percentuale ogni anno, non fanno un favore a nessuno. Howard ritiene che l’unico obiettivo valido sia un cambiamento al 100{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}. Ikea, ad esempio, nel giro di due anni venderà solo più luci LED ed entro il 2020 tutti i punti vendita utilizzeranno solo energia rinnovabile.
Howard ha capito benissimo la necessità di liberare la mente aziendale Ikea dalla camicia di forza costituita dal cercare semplicemente di fare in modo più efficiente quello che già si fa.
La Danimarca segue un approccio ugualmente radicale, impegnandosi a non essere più dipendente dai carburanti fossili entro il 2050.
Non voglio suggerire, neanche per un momento, che il cambiamento, soprattutto in un mondo globalizzato, sia facile. La verità è che è incredibilmente difficile e richiede coraggio, impegno e determinazione su scala epica.
In qualsiasi ambito, persino un argomento specifico come la produzione di un solo prodotto, vi è un intero universo di complessità.
Eppure, quello che conta è non sentirsi sconfitti o paralizzati. Dobbiamo, invece, avere fiducia che quando cambiamo davvero i nostri atteggiamenti, anche il mondo comincia a cambiare. Ed è qui che bisogna darsi da fare.
http://www.theguardian.com/sustainable-business/changing-mindsets-prevent-environmental-disaster