Tempesta perfetta, sarà la sostenibilità a salvarci dalle intemperie della crisi?

10 Feb, 2022 | Analisi e commenti

Sostenibilità, chi ha scelto la comunicazione come campo di gioco è chiamato a perseverare nell’accompagnare i processi e nell’accorciare le distanze. Il decalogo della comunicazione ambientale è uno strumento pensato per quei professionisti che intendono provare a dialogare e, possibilmente, convincere i “dilettanti” a combattere insieme (vedi Frank Capra…). Articolo uscito sul numero speciale “Rapporti & Temi” di CSRoggi (gennaio/febbraio 2022, disponibile qui). 

La tempesta perfetta si scarica anche sul mercato della sostenibilità? E quale ruolo gioca la comunicazione professionale in questo scenario? Per rispondere a queste domande può essere utile partire identificando i tratti essenziali di questa tempesta che vede la congiunzione di diversi fenomeni ugualmente impattanti.

Pandemia, bollette energetiche e crisi ambientale

  • La coda Omicron della pandemia che ha di fatto smorzato la ripresa scattata nella seconda metà del 2021, deprimendo molte attività e settori che avevano già sofferto smisuratamente nei due anni di emergenza sanitaria.
  • L’impennata inflazionistica che ha inferto un colpo micidiale alle bollette energetiche di famiglie e imprese e che si è estesa ai prezzi delle materie prime, gettando benzina sul fuoco alimentato dagli effetti recessivi della pandemia.
  • La crisi ambientale che alterna e miscela eventi estremi (siccità compresa), inquinamento diffuso, costi e contraddizioni della transizione ecologica.

Certo, da più parti si dipinge la sostenibilità come l’ombrello più adatto per ripararsi dalle intemperie della crisi. Innovazione sociale, decarbonizzazione ed economia circolare sono le parole-chiave di tutte le imprese che provano a ridisegnare la propria identità, ad approfittare dell’onda creata dal PNRR e a trasformare i vincoli in opportunità.

Ma tra la tempesta e l’ombrello cosa prevarrà?

Ottimismo e pessimismo contano davvero poco in questo caso. Semmai a spostare la bilancia saranno la capacità di analisi e la visione di lungo termine unite al coraggio delle scelte nell’immediato. I vortici della tempesta difficilmente si schiveranno con le scorciatoie e i tatticismi, occorrerà passarci in mezzo ben sapendo che la transizione ecologica fa rima con una vera e propria rivoluzione nel modo di pensare, di agire e anche di comunicare.

A nulla serve un buon bilancio di sostenibilità se non lo si utilizza come cantiere aperto e partecipato dentro e fuori l’impresa per ripensare radicalmente il modello produttivo, gli strumenti di governance, il ruolo nella comunità e, soprattutto, i comportamenti individuali e collettivi.

Greenwashing, un fenomeno sopravvalutato

Attenzione, intendo chiamarmi fuori dal coro di chi si straccia le vesti per i tentativi di greenwashing. Come per tutte le mode, anche questo fenomeno, seppur reale, appare sopravvalutato nel dibattito pubblico. Anche perché, diciamocelo chiaramente, è pressoché scontato che davanti al consolidarsi del mantra sostenibile siano in molti a provare a pigliare il treno in corsa con una semplice pennellata di verde. In questo atteggiamento c’è senz’altro qualche caso di strategia studiata a tavolino ma nella stragrande maggioranza dei casi, in un Paese caratterizzato da un tessuto fittissimo di piccole e medie imprese e di scarsa propensione nel fare rete, si tratta semplicemente di un deficit culturale che impedisce di mettere a fuoco caratteristiche e dimensioni della svolta organizzativa che la transizione ecologica richiede.

Sostenibilità trasformativa vs scorciatoie tattiche

Al contrario, ben più impattante appare il ruolo di chi, pur disponendo delle risorse e competenze per tracciare la strada a una sostenibilità davvero trasformativa, preferisce la scorciatoia tattica. L’esempio più eclatante è la crescita costante di materiali e confezioni “eco-friendly” (un termine che andrebbe abolito dal glossario della sostenibilità a causa della sua insopportabile vaghezza). Così sugli scaffali dei supermercati assistiamo al paradosso assai poco “circolare” di moltiplicare le confezioni per prodotti sempre più ridotti nel peso e nella dimensione ma con un bel bollino verde speranza, anziché incidere a monte sulla riduzione dei materiali avendo in mente un modello di consumo meno bulimico e più sostenibile.

Un esempio, questo, che coinvolge tanto i produttori e distributori quanto i cittadini-consumatori che non sembrano nemmeno accorgersi dell’impatto ambientale e sociale provocato dalla crescita vertiginosa del numero di “pacchi” (in ogni senso) così come dalla rincorsa al “tutto e subito” tipica degli acquisti on-line. Ma a questo salto di consapevolezza non possono sfuggire nemmeno i tanti movimenti ambientalisti del Paese che risultano mediamente schiacciati su battaglie di retroguardia e affascinati dall’unico e ripetitivo schema narrativo “eroi contro anti-eroi”. E così facendo, nel momento stesso in cui invocano la decarbonizzazione e le virtù dell’economia circolare, si oppongono alla realizzazione di impianti eolici in mezzo al mare e tergiversano sul drammatico deficit impiantisco per lo smaltimento finale dei rifiuti.

Innovazione e creatività

Ecco, allora, che la vera rivoluzione da scatenare trova la sua cifra nell’innovazione (di pensiero prima ancora che tecnologica) e nella creatività. Per trovare soluzioni originali e fare della sostenibilità un evento davvero trasformativo, occorre puntare dritto alla collaborazione trasparente, alla condivisione larga e profonda tra i player delle diverse filiere, alla partecipazione dei processi e all’emersione delle idee. In tal senso un segnale senza dubbio positivo è la diffusione rapida e crescente delle società benefit, affermando così il principio dell’impatto e del business di comunità.

Tirando le somme e citando Frank Capra, “I dilettanti giocano per piacere quando fa bel tempo, i professionisti giocano per vincere quando infuria la tempesta”. Ma chi ha scelto la comunicazione come campo di gioco è chiamato a perseverare nell’accompagnare i processi e nell’accorciare le distanze. Il decalogo della comunicazione ambientale è il mio personale contributo realizzato insieme al team di Amapola e pensato per quei professionisti che intendono provare a dialogare e, possibilmente, a convincere i dilettanti a combattere insieme.

Sergio Vazzoler

 

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