Thomas Schueneman Qualche giorno fa, Dean Scott, il capo redattore per la sezione ambientale di Bloomberg, ha moderato un dibattito al congresso della Society of Environmental Journalists. Il tema era le elezioni presidenziali Usa e le possibili conseguenze sulle politiche del clima, soprattutto se vincerà Donald Trump. Si potrebbe pensare che la posizione di Trump sul cambiamento climatico sia “tipica” oppure “la solita solfa” del Partito Repubblicano. Ma come per tante altre questioni, la candidatura surreale di Trump rappresenta “un vero cambiamento di direzione” per il partito. In 24 anni di carriera, dice Scott, non ha “mai conosciuto un ciclo elettorale dove un candidato non pubblichi neanche un documento formale sul proprio programma elettorale”. Al contrario, afferma Scott, si è costretti a interpretare la posizione di Trump sul clima dai tweet e da commenti estemporanei del tipo: “Io credo nell’aria pulita, nell’aria immacolata, ma non credo al cambiamento climatico”. La politica dopo Parigi Trump dice che “annullerà” l’Accordo di Parigi, senza prendere in considerazione l’impatto che una tale mossa avrebbe sul prestigio dell’America nella comunità globale. D’altra parte, Trump capisce poco (o niente) dell’accordo. Non lo si può semplicemente “annullare”. In un certo senso, il trattato parigino prevede l’eventualità di Donald Trump. Heather Zichal, già consigliere del Presidente Obama per l’energia e il clima e senior fellow [ndr. carica accademica] al Centro per l’Energia Globale dell’Atlantic Council, osserva che un ritiro formale dall’accordo “non sarebbe in questione”, neanche nel caso di una presidenza Trump. Comporterebbe una lunga procedura e “provocherebbe danni severi agli Usa nella comunità globale”. Non proprio il modo per “fare di nuovo grande l’America”. Quello che Trump potrebbe fare, invece, è rallentare l’esecuzione dell’accordo, tagliare i fondi destinati agli impegni statunitensi e “creare malumori”. “Voglio parlare chiaro”, dice Zichal. “A mio avviso non ci siamo mai trovati di fronte a una minaccia così rilevante per quanto riguarda la politica e le azioni sul clima”. Donald Trump “si prende tante libertà con le regole” ed è “staccato dalla realtà”. Terra chiama Trump La politica Trump sul clima e l’energia è “difficile da leggere”, afferma James Connaughton, AD di Nautilus Data Technologies e già consigliere del Presidente George W. Bush per l’energia. In senso lato, nota Connaughton, Trump si propone di “accelerare” tutte le fonti statunitensi di produzione energetica. Dice che i lavoratori nell’industria del carbone saranno di nuovo occupati. Gli AD delle grandi utility sanno bene che si trovano in una “fase di transizione,” soprattutto l’industria del carbone. “L’idea di un ritorno del carbone è fantasia”, dice Connaughton, e “una falsa narrazione”. Sprechiamo il nostro tempo e tradiamo la realtà se elogiamo il lavoratore del carbone “per quello che ha fatto per il paese in questo ultimo secolo”, dice Connaughton. Concordo con la sua valutazione. Bene o male, il carbone ha contribuito allo sviluppo dell’America, ma il suo ruolo predominante nell’economia è in declino. Tale declino deriva non tanto dall’attivismo degli ambientalisti quanto dal fracking del gas e dal costo in calo dell’energia eolica e solare. La realtà del carbone è cambiata. Anziché lanciare rivendicazioni male informate sulla creazione di nuovi posti di lavoro nel carbone, il dibattito dovrebbe esaminare soluzioni reali per le comunità del carbone. Finora, a parte fare promesse vuote che non sarà in grado di mantenere, Donald Trump non ha dimostrato una comprensione o un interesse per le comunità del carbone. Il Congresso deve fare la sua parte All’inizio del secondo mandato del Presidente Obama, si dimostrò politcamente inutile ricercare un sviluppo legislativo sul clima. Il Congresso “si rifiutava di agire”, ricorda Zichal, già consigliere di Obama. L’amministrazione ha cercato di lavorare con il Congresso, ma l’opposizione di quest’ultimo ha spinto Obama a muoversi a livello esecutivo. Se Obama ha utilizzato l’azione esecutiva per orientare la politica sul clima, cosa potrebbe fermare Trump se volesse fare la stessa cosa? Per l’AD di un’utility o di un’azienda del settore carbone, è una domanda molto importante. Il percorso ottimale è quello legislativo, ma un Congresso disfunzionale lo rende impossibile. “Il senato dovrebbe fare la sua parte”, dice Connaughton. L’assenza di chiari segnali di politica da parte del Congresso è frustrante per gli AD nel settore carbone ed energia, che vorrebbero ricevere indicazioni su come investire e rinnovare i vecchi impianti energetici. Benvenuti nell’Antropocene La direzione è chiara anche se il percorso è ancora un tantino incerto. L’economia dell’energia è in un momento di transizione. Il surriscaldamento globale è reale, nonostante i giochi con le palline di neve del senatore James Inhofe. Gli impatti di un clima che cambia sono già manifesti, “rilevati e attribuiti”. Abbiamo spinto il nostro clima oltre le norme dell’Olocene, l’unica era conosciuta dagli esseri umani. Fino ad oggi. Benvenuti nell’Antropocene. La questione ora è che cosa vogliamo fare; “quanto, quanto velocemente, e a quale costo”, dice Connaughton. Può darsi che non pensiamo abbastanza a lungo termine e non ci muoviamo abbastanza velocemente. E forse siamo intrappolati in una narrazione falsa riguardo al costo, ma sarà “difficile fermare il cammino sul quale ci troviamo già”. Il timore è che Donald Trump potrebbe comunque provarci. E c’è tanto in gioco. NDR – Questo contributo è stato pubblicato inizialmente su Globalwarmingisreal.com Fonte: http://www.triplepundit.com/2016/09/unraveling-climate-consequences-trump-presidency/]]>